Incidente viale Famagosta Milano 20 ottobre 2013, due anni e 4 mesi all’investitore
A quasi due anni da quel fatidico incidente che in viale Famagosta stroncò la vita a una donna di origine egiziana al settimo mese di gravidanza e al figlioletto di 4 anni che era con lei, è arrivata la sentenza del Tribunale di Milano. Due anni e quattro mesi di carcere, oltre alla sospensione della patente per un anno e quattro mesi. Questo il pronunciamento del gup Roberto Arnaldi – le cui motivazioni verranno rese note solo fra 90 giorni – nei confronti dell’allora 28enne investitore accusato di omicidio colposo e procurato aborto.
10 ANNI RICHIESTI DALL’AVVOCATO DEL MARITO DELLA DONNA – Lo scorso 10 marzo, dopo che l’accordo raggiunto tra accusa e difesa relativo a un patteggiamento di un anno e 8 mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena era stato respinto dal gup, il pm Marcello Musso aveva chiesto una condanna a tre anni senza la condizionale e senza attenuanti generiche per omicidio volontario colposo e procurato aborto.
– Troppo poco per l’avvocato che assiste il marito della donna e parte civile nel procedimento. Che a quel punto aveva deciso di muoversi autonomamente e chiedere 10 anni di carcere per omicidio volontario e eventuale dolo.
LA VICENDA – Erano le 19.30 di sabato 20 ottobre 2013 quando, in una giornata caratterizzata da cattive condizioni meteorologiche, con la pioggia a complicare la visibilità serale, la donna e il piccolo avevano attraversato viale Famagosta in un punto privo di strisce pedonali.
– Nello stesso frangente, un’auto guidata da un 28enne (giovane promessa della pallacanestro, com’era emerso in seguito) era sopraggiunta a grande velocità travolgendo entrambi i pedoni. Quando sul posto erano arrivati i volontari del 118, per la donna non c’era più nulla da fare. Così come per il figlio, trovato solo un’ora più tardi a 45 metri di distanza dal luogo dell’impatto, dopo che il padre, presentatosi in ospedale, aveva constatato l’assenza del bambino.
IL MARITO: “IN EGITTO LA PENA SAREBBE STATA PIÙ ALTA” – La successiva perizia cinematica aveva evidenziato come l’investitore, al momento dell’impatto con la donna incinta e il suo bambino, viaggiasse ad una velocità di circa 100 chilometri orari (con il limite su quel tratto a 50 km/h) su una strada le cui condizioni erano rese difficili dalla pioggia. Negativo, invece, il risultato del test dell’etilometro a cui era stato sottoposto.
– “Pena congrua. Il massimo che si può pretendere, purtroppo, in queste occasioni. Sono soddisfatto per l’esito, ma aspettiamo al più presto la legge sull’omicidio stradale. L’elemento della velocità è stato determinante per la condanna”, così il legale dei familiari della donna, Domenico Musicco, presidente dell’Avisl (Associazione vittime incidenti stradali sul lavoro e malasanità) dopo la sentenza.
– “È una sentenza che non si può discutere – ha poi proseguito – e abbiamo avuto una certa soddisfazione: con il rito abbreviato e le leggi attuali non potevamo aspettarci una pena più severa. Aspettiamo l’introduzione della legge sull’omicidio stradale calendarizzata in Parlamento per ottobre”.
– Delusione, invece, per il marito della donna: “La legge è questa. In Egitto la pena sarebbe stata più alta”.
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S.P.