I tossici, a Milano, ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Tanto vale raggrupparli dove non li può vedere nessuno: in periferia. Ma non in una periferia qualsiasi, magari a ridosso di qualche bella zona residenziale o, peggio ancora, troppo vicina alle dorate abitazioni del centro. In una zona più appartata, semmai, lontana da occhi indiscreti e dove è più facile controllarli. Quale miglior soluzione, quindi, se non l’area boschiva a ridosso della stazione ferroviaria di Rogoredo, sempre più terra di nessuno? Dev’esser stato così che, da qualche anno a questa parte, con evidente accondiscendenza di chi è (o è stato) addetto alla sicurezza, in quello che tutti ormai chiamano “il boschetto” si è creata la più grande piazza di spaccio di eroina non solo della città, ma dell’intera Lombardia. E che in questi giorni, con tutto il suo carico di disperazione, è tornata alla ribalta delle cronache.
BLITZ DI CARABINIERI E POLIZIA – È dello scorso giovedì (10 novembre), la notizia del secondo blitz in soli tre giorni effettuato dalla Polizia (dopo quello dei Carabinieri) nel noto boschetto dell’eroina, alla periferia Sud’Est di Milano. Un’attività portata a termine da decine di agenti su disposizione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza che ha permesso di identificare oltre 60 persone presenti al momento nel “parco”, tra i quali almeno 20 stranieri, quasi tutti provenienti dal Nord Africa. Stando alle dichiarazioni dell’assessore alla Sicurezza Carmela Rozza (“Ognuno sta realizzando il proprio compito. Non è affatto semplice ma noi insisteremo. L’obiettivo è restituire l’area ai cittadini”), questa volta il Comune farebbe finalmente sul serio, intenzionato com’è a mettere mano a una drammatica e vergognosa situazione che si trascina da troppo tempo con la complicità delle stesse istituzioni cittadine. E, soprattutto, con grave danno per un quartiere già afflitto da una diffusa e sistematica criminalità.
SUPERMARKET DELLA DROGA PER MILANESI E PENDOLARI – Ma torniamo un attimo indietro. Per chi non la conoscesse, questa vasta area di verde incolto sorge su un lato della via sant’Arialdo, a poche decine di metri dalla stazione di Rogoredo. La stessa strada che, dopo un paio di chilometri – macabra ironia della sorte – porta direttamente al cimitero di Chiaravalle. E che da queste parti la morte non sia solo una metafora (del perché ne parliamo al presente nonostante l’ultima retata lo capirete alla fine), lo si percepisce osservando l’andirivieni frenetico di volti scavati e deturpati dagli stupefacenti che ogni giorno, a decine, fanno la spola dalla stazione. Una via crucis del dolore percorsa da un’umanità variegata (giovani, meno giovani, uomini e donne, italiani e stranieri), con l’unico desiderio di accaparrarsi droga a buon mercato.
– Accedere all’area è fin troppo semplice. Approfittando dell’invisibilità dalla strada, il bosco è accessibile scavalcando il guardrail e percorrendo la stradina sterrata che s’inerpica tra rifiuti e siringhe usate fin sopra a una piccola collinetta. Su quella vetta – torre di controllo per le numerose vedette – accade quello che un po’ tutti hanno imparato a conoscere. Spacciatori nordafricani, che nel quartiere hanno eretto una vera roccaforte della droga, per pochi spiccioli (20 euro al grammo l’eroina, molto meno la cocaina e l’hashish) regalano il “paradiso” a frange di disperati. Non solo milanesi, ma tossicodipendenti o gente qualunque giunti da un po’ tutto il Nord Italia alla ricerca di un po’ di sballo. Un pendolarismo della droga facilitato dalla vicina ferrovia e dagli sporadici controlli.
DE CORATO: “SE IL BOSCO NON VIENE RIPULITO, TUTTO INUTILE” – Tutto finito, dopo gli ultimi blitz delle forze dell’ordine? Riccardo De Corato, capogruppo di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale in Regione Lombardia, ha qualche dubbio. Soprattutto dopo l’intervista televisiva rilasciata da Maria José Falcicchia, dirigente dell’Ufficio prevenzione generale della questura, nella quale ha sottolineato che per la vasta operazione antidroga hanno “dovuto impiegare unità cinofile e cavalieri”, visto che sono dovuti entrare in “un’area fitta, quasi impenetrabile”.
– “Cosa aspetta (il Comune, n.d.a.) a tagliare erba e cespugli nel boschetto della droga – si chiede allora De Corato -, visto che ad agosto l’assessore Rozza aveva detto che entro pochi giorni il lavoro sarebbe stato fatto insieme al rifacimento della recinzione?”. Problemi di competenza, evidentemente, come ha sottolineato lo stesso capogruppo di Fi-An, visto che l’area in questione è di proprietà – ciascuna per la propria porzione – di Ferrovie dello Stato e Autostrade per l’Italia. “Il Comune potrebbe fare un’ordinanza contingente urgente in caso di mancato intervento”, conclude allora De Corato, perché il rischio, chiaramente, è che “se il boschetto non viene ripulito, gli spacciatori e i tossici torneranno presto a prendere possesso di tutto il terreno”.
E NEANCHE A DIRLO… TUTTO COME PRIMA – Oggi (domenica, per chi legge, n.d.r.), siamo voluti tornare nel “supermarket” della droga per verificarne le condizioni. Neanche a dirlo, tutto è tornato alla normalità. Ma non quella auspicata dai residenti e dagli ottimistici proclami di Palazzo Marino. È la normalità che ha caratterizzato l’intero quartiere negli ultimi anni, fatta di emarginazione e delinquenza, insicurezza e paura. Quel degrado umano conseguenza diretta del degrado urbano, di cui chi ci governa è diretto responsabile. Senza attenuanti.
SCRIVETECI! – Come sempre invitiamo tutti i cittadini a scriverci a redazione@cronacamilano.it: raccontateci le problematiche del vostro quartiere, vi daremo voce.
S.P.