Tumore della prostata, nell’ultimo triennio +14% di nuovi casi l’anno
In Italia il tumore della prostata nel 2023 ha colpito 41.100 uomini. Si registra un incremento di nuovi casi l’anno nell’ultimo triennio del 14%. Erano infatti “solo” 36mila nel 2020. Più del 60% dei pazienti riesce a sconfiggere definitivamente il carcinoma. Numeri importanti e che evidenziano come l’innovazione sia riuscita a garantire trattamenti efficaci per tutti i malati, anche quelli interessati dalle forme più gravi del tumore.
Per questo l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e Fondazione AIOM lanciano oggi una nuova campagna d’informazione. Si pone l’obiettivo di sensibilizzare in primis gli oncologi ma anche pazienti, caregiver, istituzioni e la popolazione in generale sulle nuove disponibilità terapeutiche per questa neoplasia. L’iniziativa è realizzata con il contributo non condizionante di Bayer e viene presentata con una conferenza stampa on line. “E’ di gran lunga il tumore più diffuso tra la popolazione maschile residente nel nostro Paese – spiega Saverio Cinieri, Presidente di Fondazione AIOM.
Ciò è dovuto alla sempre maggiore incidenza ma anche al costante incremento dei tassi di sopravvivenza e di guarigione. Come è avvenuto per altre malattie oncologiche, l’introduzione delle terapie mirate ha cambiato la storia della lotta al carcinoma. Fino a un decennio fa le opzioni terapeutiche per certe situazioni cliniche erano molto limitate. Oggi invece sono disponibili nuovi farmaci e una sequenza di più linee di trattamento”. Il progetto di AIOM prevede la diffusione di una newsletter per gli specialisti, video-interviste ai principali esperti italiani, webinar per pazienti e caregiver e una forte attività sui socal media.
“Nel tumore della prostata si sono susseguiti negli ultimi anni risultati positivi per i pazienti con malattia resistente alla castrazione – sottolinea Marcello Tucci, Direttore dell’Oncologia dell’Ospedale Cardinal Massaia di Asti -. Più recentemente successi sono emersi anche in un setting più precoce di malattia metastatica ormono-sensibile. In questo sottogruppo di pazienti solo il 30% sopravvive a cinque anni dalla diagnosi. Nella maggioranza dei casi la patologia si evolve e diventa resistente alla castrazione.
In altre parole, la terapia ormonale non provoca sufficienti benefici e si rendono assolutamente necessarie altre e più efficaci cure. Una strategia che ha ulteriormente migliorato il controllo della malattia metastatica ormono-sensibile è stata quella di utilizzato un inibitore orale del recettore degli androgeni di nuova generazione, come la Darolutamide, che, per esempio, ha dimostrato di ridurre del 32% il rischio di morte se somministrato insieme a terapia ormonale e chemioterapia”.
“Il carcinoma prostatico è diventato nell’ultimo decennio la patologia oncologica più frequente nella popolazione maschile in tutti i Paesi Occidentali – commenta Orazio Caffo, Direttore dell’Unità operativa di Oncologia Medica dell’Ospedale Santa Chiara, Trento -. Solo in Italia vivono con una diagnosi oltre 564mila uomini, e il loro numero risulta più che raddoppiato rispetto a 10 anni fa. Alla base di questi dati epidemiologici vi è anche la maggiore probabilità di individuare la malattia attraverso esami come il dosaggio del PSA o l’esame digitorettale.
Inoltre, stiamo assistendo ad un invecchiamento generale della popolazione e alla sempre maggiore presenza di fattori di rischio”. “L’età è uno di questi e poi vi sono i fattori ormonali e quelli genetici – prosegue Cinieri -. Per quanto riguarda la familiarità, si stima che il rischio sia almeno raddoppiato nel caso di un parente di primo grado colpito dalla neoplasia. Però solo in un piccolo sottogruppo di pazienti il tumore della prostata sviluppa una malattia su base ereditaria. Infine gli stili di vita giocano anche in questo caso un ruolo fondamentale. Influiscono l’obesità, una dieta che comporta un eccessivo apporto calorico, e il fumo di sigaretta”.
Secondo gli ultimi dati a livello mondiale le diagnosi annuali di carcinoma prostatico ammontano a 1,4 milioni. “In generale nelle prime fasi la malattia è asintomatica – sostiene Tucci -. Solo quando progredisce compaiono alcuni sintomi non specifici come la diminuzione della potenza del getto urinario, l’ematuria, la disuria e il dolore perineale. Nelle fasi più avanzate invece lo scheletro è spesso la prima sede di comparsa di metastasi.
Si sviluppa così il caratteristico dolore osseo, localizzato soprattutto principalmente a livello del rachide”. “Se il cancro è confinato alla prostata può essere trattato con la chirurgia o la radioterapia – conclude Caffo -. Quando invece la malattia presenta metastasi nella fase sensibile agli ormoni, è indispensabile potenziare la terapia di deprivazione androgenica con la terapia ormonale di nuova generazione o con la chemioterapia.