Amianto a Milano, tutto quello che c’è da sapere: danni alla salute, zone interessate, normativa, recapiti per smaltimento, interrogazioni consiliari

LA MAPPATURA DEL TERRITORIO ITALIANO – Nonostante ciò, stando alla presentazione di qualche giorno fa del 15° “Quaderno del ministero della Salute” sullo stato e le prospettive in materia di contrasto alle patologie asbesto-correlate, c’è poco da stare sereni. I dati derivanti dalla mappatura (ancora parziale) del territorio italiano, infatti, sono altamente preoccupanti: sarebbero 32 milioni le tonnellate di amianto ancora da smaltire, circa il 99% del totale prodotto negli anni passati nel nostro Paese.
LA ZONA 5: LA PAROLA AL CONSIGLIERE MASSIMILIANO TOSCANO – Per quanto riguarda la nostra città, e soprattutto una porzione di essa, la Zona 5, a lanciare l’allarme tramite la nostra testata ci ha pensato il consigliere Massimiliano Toscano (Movimento 5 Stelle). “In zona 5, così come in tante altre periferie di Milano, il problema della diffusione dei manufatti d’amianto, che può causare problemi alla salute dei cittadini, è diffuso sul territorio sotto molte forme”, ha affermato il consigliere. “La lista è molto lunga: si va dalle coperture di capannoni ed edifici ad altri elementi infrastrutturali come i ricoprimenti a spruzzo, gli isolanti di tubi o caldaie, prodotti bituminosi, mattonelle di vinile con intercapedini di carta di amianto, pavimenti vinilici. E ancora vernici, mastici, sigillanti e stucchi adesivi. Pochi forse sanno, inoltre, che l’amianto è presente anche negli oggetti d’uso comune che tutti possediamo nelle nostre case: guanti da forno, teli da stiro, piccoli pannelli isolanti, corde, tessuti e via dicendo”.
LE INTERROGAZIONI CONSILIARI GIA’ FORMULATE: BEN 12 – Al momento, sono 12 le interrogazioni effettuate su altrettanti siti ritenuti pericolosi presenti in zona 5.Una di queste, la cui richiesta di rimozione e bonifica è stata approvata all’unanimità, riguarda la discarica abusiva di via Selvanesco, area già evidenziata da anni come deposito di amianto e rifiuti farmaceutici.
GLI ALTRI LUOGHI A RISCHIO DELLA CITTA’ E LA LENTEZZA DELLE PROCEDURE – Per quanto riguarda il resto della città, l’elenco dei siti con strutture in amianto da bonificare o interessate da interventi solo parziali, è notevole: si va dalle stazioni della metropolitana, ai depositi Atm del Quartiere Olmi, l’edificio dell’Inps, gli ospedali Sacco e Niguarda, il palazzo della Regione Lombardia. Ma anche chiese, case popolari dell‘Aler, alcune scuole provinciali e comunali e numerosi edifici civili costruiti tra gli anni 50-70.
– “Quello che si nota – continua Toscano – è la lentezza delle procedure per le valutazioni e per gli interventi. Nella nostra periferia si sono visti spesso edifici e cascine abbandonate contenente materiale amiantifero in grosse quantità, lasciato a deteriorarsi a danno della popolazione”.
– Ed è proprio il deterioramento delle fibre di amianto, più piccole di un capello umano di circa 1300 volte, e la cui inalazione sarebbe la causa del mesotelioma ed altre patologie mortali, il grosso problema da fronteggiare.
DAGLI ANNI 30 AGLI ANNI 90 – Utilizzato in Italia fin dagli anni 30, l’impiego dell’amianto, grazie anche alle sue proprietà antincendio, fonassorbenti e anticorrosive da agenti chimici, si è via via diffuso nei più svariati settori.
– Negli anni 50 ha fatto il suo esordio nella coibentazione delle carrozze dei treni e altri mezzi di trasporto pubblico. Ma anche l’industria automobilistica ne ha fatto un uso massiccio per la produzione di freni e frizioni, utilizzo che rimane tuttora la maggiore fonte di inquinamento da amianto nelle città.
– Tuttavia, l’impiego più conosciuto di questo materiale, è forse quello noto con il nome commerciale di Eternit, dalla ditta che nel 1955 ne ha cominciata la produzione tra Priolo e Augusta in Sicilia. Da allora, fino al 1992, il cemento-amianto Eternit è stato il protagonista indiscusso tra i materiali da copertura, in forma a lastra o ondulata, o per il rivestimento di tubature, canne fumarie e fognature. E più in generale, per il rivestimento di cinema, chiese, mense, ospedali, palestre, ristoranti, scuole, teatri… Una lista infinita.
IL PROTOCOLLO DEL 2008 – Attualmente, il Comune di Milano ha posto in atto una procedura standard del 2008 (un protocollo degli uffici delle Politiche ambientali del Comune, sottoscritto da Arpa e Asl) con la quale censire, analizzare i vari casi e rendere efficaci gli interventi. Il protocollo, in sintesi, prevede:
– rimozione (tra uno a tre anni, a seconda dell’indice di gravità di dispersione delle fibre) e stoccaggio dell’amianto deteriorato;
– confinamento e sopracopertura della struttura a rischio;
– incapsulamento, con specifiche verniciature per fissare le fibrille, per impedire che le fibre residuali si disperdano nell’ambiente.
– “Sono però interventi che solo in parte risolvono la questione – precisa Toscano -. Il vero problema è quello del corretto smaltimento, poiché le fibre possono lo stesso disperdersi e insinuarsi nelle falde acquifere o nei terreni, con le gravi conseguenza facilmente immaginabili. Molti esperti affermano che tutte le fibrille dovrebbero essere inertizzate attraverso un radicale trattamento termico con attrezzature e metodi idonei che sono stati messi a punto e, ancora di più, lo saranno in futuro. Ma nelle applicazioni di queste nuove metodologie di trattamento e bonifica a Milano siamo ancora fermi”.
IL SERVIZIO DI AMSA PER RACCOGLIERE I MATERIALI DEI CITTADINI – Si ricorda ai lettori che l’Amsa offre un servizio gratuito di raccolta di manufatti in amianto di uso domestico e di dimensioni limitate, come fioriere, davanzali, piccole tettoie, lastre e pannelli.
– Il consiglio rivolto a tutti cittadini è quello di verificare, anche nel proprio condominio, la presenza o meno dell’amianto ed, eventualmente, segnalarla a:
– Settore attuazione Politiche ambientali
– Ufficio emergenze ambientali del Comune di Milano
– Piazza Duomo 21
– Tel. 02.884.67697
– Email: mta.uffemerambientali@comune.milano.it
LA PALLA E’ NELLE MANI DEL COMUNE – Quello che si auspica è che il Comune possa mettere a disposizione più risorse economiche e organizzative al fine di arginare quella che è una problematica di primissimo piano e che andrebbe riconsiderata come tale. Per cercare di risolvere il maggior numero di casi possibili in tempi apprezzabili, tutelando la salute dei cittadini e l’ambiente in cui viviamo.
S.P.