Quiet quitting: che cos’è e quali sono le sue cause
Il fenomeno del cosiddetto “quiet quitting”, o abbandono silenzioso, è un tema di cui si parla molto in questi mesi negli Stati Uniti. Il trend si è diffuso tra i video di TikTok, dove l’hashtag relativo ha ormai diversi milioni di visualizzazioni, e da qualche tempo se ne discute anche in Italia. Vediamo allora di che cosa si tratta e quali sono alcune delle cause alla base della sua diffusione.
Che cosa si intende con quiet quitting
A differenza di quel che può suggerire il termine, quiet quitting non ha nulla a che vedere con il dare le dimissioni o lasciare il proprio posto di lavoro. L’espressione è invece utilizzata per indicare chi lavora attenendosi strettamente alle condizioni prescritte dal contratto, senza fare nulla di più. Le persone che adottano il quiet quitting fanno quindi solo ciò che è necessario per mantenere il proprio impiego, e rifiutano di fare straordinari o di assumersi la responsabilità per progetti che esulano dalle mansioni concordate al momento dell’assunzione.
Si tratta quindi di un fenomeno certamente diffuso da ben prima che fosse coniato il termine “quiet quitting” e che questo comportamento diventasse virale su TikTok. Negli Stati Uniti, in particolare, si pone però in netta controtendenza rispetto alla “hustle culture”, ovvero all’idea diffusa che il lavoro dovrebbe essere al centro della vita delle persone. Sebbene meno dominante nel nostro Paese, questo atteggiamento di completa dedizione al lavoro esiste soprattutto nei contesti più competitivi e nelle grandi città come Milano e Roma.
Una nuova mentalità nel post-pandemia
Per molte persone, in Italia come altrove, la pandemia è stata un’occasione per valutare le proprie priorità e rivedere il ruolo da dedicare al lavoro all’interno della propria vita. Lo smart working ha permesso ad alcuni di avere a disposizione più tempo libero evitando gli spostamenti, e trascorrere le giornate con la propria famiglia ha riportato in primo piano il valore degli affetti. Soprattutto per i più giovani, ottenere un sano equilibrio tra vita privata e lavoro è in molti casi diventato più importante rispetto a uno stipendio alto o alla possibilità di fare carriera.
Al tempo stesso, il tema della salute mentale ha assunto una maggiore centralità nel dibattito pubblico, e si è iniziato a parlare più apertamente del rischio di burnout associato allo stress sul posto di lavoro. Nella lista dei migliori psicologi di Milano selezionati da Serenis disponibile a questo link, ad esempio, è presente anche un professionista che si è distinto proprio per la sua capacità di assistere i pazienti affetti da burnout. Oggi è infatti risaputo che questo disturbo, se non trattato, può causare problemi di salute fisica e mentale anche gravi e che è dunque necessario intervenire prima di tutto in modo preventivo.
Situazione socio-economica e quiet quitting
Già da prima che emergesse il fenomeno del quiet quitting, in Italia diversi ristoratori affermavano di avere difficoltà nel trovare camerieri e cuochi da assumere dopo la pandemia. Mentre molti si lamentavano del reddito di cittadinanza come causa del problema, altri sottolineavano le condizioni a cui il personale del settore è spesso sottoposto.
Proprio come per il quiet quitting, dopo la pandemia tanti giovani si sono rifiutati di tornare a lavorare per paghe basse e con straordinari obbligatori, con contratti irregolari se non del tutto assenti. È inoltre utile notare che, secondo dati Ocse, l’Italia è l’unico Paese in Europa nel quale i salari sono calati invece di aumentare rispetto al 1990.
Alla luce di un panorama spesso tetro per i lavoratori, la decisione di fare solo il minimo indispensabile, senza offrire al proprio datore di lavoro tempo ed energie extra, è tutt’altro che incomprensibile.