“Due poeti per un secolo”: Thomas Stearns Eliot e Ezra Pound
Dal 13 al 19 maggio va in scena “Due poeti per un secolo”, l’alternarsi sul palco del PACTA Salone di Milano di due spettacoli cult di e con Annig Raimondi legati a due grandi poeti del novecento: Thomas Stearns Eliot – La Terra Desolata e Ezra Pound – I Cantos.
Quella fra Thomas Stearns Eliot ed Ezra Pound è stata la storia di una grande amicizia poetica del ‘900. Era il dicembre del 1921 quando due poeti amici si scrivevano per dar vita a qualcosa di straordinario, due poeti statunitensi trapiantati in Europa: lo scrittore Thomas Stearns Eliot e l’amico autore Ezra Pound stavano concludendo un impegnativo, ma consono, confronto, per lettera, sulla stesura ultima di Eliot dell’opera, The Waste Land (La terra desolata), «di 19 facciate, maledettamente buona, da far chiudere bottega a tutti, sebbene io non l’abbia ancora fatto», scriverà Pound con affetto.
“Due poeti per un secolo”: Thomas Stearns Eliot – La Terra Desolata
Pubblicato nel 1922 e dedicato a Ezra Pound (“il miglior fabbro”), il testo è suddiviso in cinque sezioni dove si rincorrono elementi simbolici e archetipici innestati in descrizioni di situazioni e paesaggi. Su tutto, il simbolo del Santo Graal. Dalla tradizione letteraria al mito, dalla storia all’epica, dalla religione all’antropologia culturale, tutto è confluito in un’opera che attinge alle filosofie orientali e ai testi sacri, all’Apocalisse: un’allegoria dello spirito smarrito in una emblematica città europea. Annig Raimondi percorre, nello spettacolo giunto al suo ventunesimo anno di repliche, una galleria di eccentrici ritratti dove la voce si moltiplica e si spersonalizza variando registri e timbri e sottolinea la condizione dell’uomo moderno che, persa la propria centralità, tenta di recuperarsi assumendo voci altre e diverse.
“Un testo di straordinario interesse per una esecuzione in forma teatrale. Si intuisce, nella rapidità del montaggio delle varie scene, nel suo procedere per stacchi, spostamenti di tempo e luogo, riprese del leit-motiv, variazioni di tono e di linguaggio, una drammatizzazione del testo poetico che approfitta indifferentemente dei congegni del teatro elisabettiano, del music-hall popolare, della poesia ‘metafisica’, della scrittura automatica, della sacra rappresentazione medioevale, della costruzione allegorica, del nonsense ironico o infantile come della suggestione simbolista.” (Roberto Sanesi)
“Due poeti per un secolo”: Ezra Pound – I Cantos
Ezra Pound è stato definito il poeta della civiltà atomica. Verso la fine degli anni ’20 Pound stava terminando la prima cantica de I CANTOS, considerati la sua opera maggiore e summa della cultura mondiale dalle origini a oggi. Il suo mix di storia, politica e quello che Pound chiamava “il periplum”, cioè il punto di vista di una persona nel mezzo di un viaggio, ha dato a molti poeti la possibilità di sviluppare una serie di tecniche poetiche che catturano la vita nel mezzo di un Esperienza. Ispirato dalla Divina Commedia, compie ne I CANTOS il rito della novecentesca discesa agli inferi con l’omaggio ai grandi classici greci e latini.
A partire dall’Odissea omerica, Pound-Ulisse intraprende un viaggio solitario alla presenza di manifestazioni soprannaturali, siano esse fantasmi o divinità, correlate a personaggi contemporanei, siano essi politici, banchieri o cardinali. Avvolti da passione, ironia, oscurità e seduzione, I CANTOS sono un grande esempio di monologo-arringa composto da citazioni, dialoghi, narrazioni e canti contro quei mali, in primis Usura e Potere, che hanno distorto e stravolto i valori di un tempo. ‘Sui Cantos non c’è mistero – sono la storia della tribù (umana)’, dice Pound.
“L’influenza delle culture orientali, – approfondisce la regista e attrice Annig Raimondi – l’amore per Dante e Cavalcanti, il linguaggio limpido e diretto tipico dell’imagismo, la musicalità dei versi: sono alcuni degli aspetti che lo rendono un gigante della poesia e che non possono essere messi in ombra dalle sue adesioni politiche e dai suoi errori, per quanto indifendibili. Per lavorare a una trasposizione scenica di questo poema immenso ‘non si può che prenderne una parte, o meglio uno strato, per il tutto’, come suggerisce la figlia e traduttrice Mary de Racheviltz. Così ho fatto.
Immagino The Cantos come la corsa di un’onda che trascina verso un ritorno al Mito e alla Luce, in una sorta di danza e contro danza tra parola, corpo, senso e suono. La performance, partendo da alcuni dei primi Cantos per poi passare a una parte dei Cantos Pisani, è organizzata secondo una partitura ritmica al fine di comporre una visione possibile dell’immenso Processo di Pound”.