Referendum Brexit Gran Bretagna: origini, conseguenze del sì e del no, sondaggi, data
Giovedì prossimo, il 23 giugno 2016, andrà in scena un appuntamento molto delicato per la Gran Bretagna. Sarà il giorno in cui andrà in scena il referendum in cui i cittadini britannici saranno chiamati a decidere su un tema cruciale per loro e per il resto dell’Unione Europea: la permanenza della Gran Bretagna tra i 28 paesi membri dell’Ue o l’uscita da questa unione, replicando quanto avvenne nel 1992 quando il Paese uscì dal Sistema monetario europeo. La chiusura definitiva dell’isola britannica darebbe il via a un importante precedente e renderebbe ancora meno solido e sicuro il sistema dell’Ue. Ma ieri è accaduto un fatto che potrebbe cambiare radicalmente l’esito del voto: Jo Cox, deputata laburista e anti-brexit dello Yorkshire è stata colpita mortalmente da più colpi di pistola da un uomo di 52 anni che pare aver gridato “Britain Firts”, ossia “La Gran Bretagna prima di tutto”.
REFERENDUM: LE ORIGINI E IL RISCATTO DI FARAGE – Il termine Brexit ha visto crescere esponenzialmente la propria popolarità negli ultimi mesi; ma come è nata questa richiesta referendaria? La consultazione è stata indetta dal premier David Cameron per rispondere alle richieste sempre più pressanti dei conservatori e dell’Ukip, il partito nazionalistico ed euroscettico guidato da Nigel Farage.
– David Cameron, che ha vinto le elezioni nel 2015, aveva da subito chiarito che avrebbe convocato un referendum perché: “È tempo per il popolo britannico di dire la sua, risolvere la questione europea nella politica britannica”.
LE DUE VOCI DELLA BREXIT: L’ANALISI – Leave o Remain? Brexit o anti-Brexit? Chi sono i fautori delle due posizioni e quali sono i loro obiettivi e punti di forza?
– Brexit: tra i sostenitori dell’opzione del lasciare ci sono molti conservatori e i parlamentari Tory, oltre che l’Ukip di Farage. Costoro accusano l’Ue di avere imposto troppe regole e tasse alle imprese britanniche e di aver favorito l’immigrazione e la libera circolazione delle persone.
– Anti-Brexit: tra coloro che sostengono l’ipotesi del rimanere nell’Ue troviamo il premier David Cameron e il partito laburista. Loro sono fermamente convinti dell’errata scelta politica ed economica del lasciare l’Ue anche perché il 50% del commercio con l’estero del Regno Unito è verso l’Europa e quindi abbandonare questo mercato sarebbe una scelta che avrebbe ricadute negative all’interno.
DUE ANNI PER USCIRE SE DOVESSE VINCERE IL NO – La domanda che tutti si fanno è: ma se dovesse vincere la Brexit, quanto tempo ci vorrà per vedere la Gran Bretagna definitivamente fuori dall’Unione Europea?
– La risposta è: circa un paio di anni. E’ questo il tempo necessario per avviare un negoziato con i 27 leader dell’Ue e definire le condizioni di uscita.
BREXIT: COSA DICEVANO I SONDAGGI – Il 23 giugno è ormai alle porte e i sondaggisti si stanno scatenando per cercare di delineare la situazione più in linea con le reali intenzioni dei britannici.
– Gli ultimi sondaggi vedono in netto vantaggio i no alla permanenza in Europa che sarebbero in testa con il 52% delle preferenze rispetto al 33% di chi vorrebbe rimanere nell’Ue. 19 punti percentuali che in altri sondaggi scendono a 10.
– Intenzioni di voto che cambiano molto a seconda dell’età del campione: tra i 18 e i 24 anni, ben 7 persone su 10 sembrano schierate pro-Ue, mentre a favore dell’uscita dall’Ue sono soprattutto gli over 55.
– Molto fedeli all’Ue sono gli scozzesi, dove emerge che oltre il 60% sarebbe favorevole a rimanere nell’Ue, mentre nelle altre regioni inglesi la maggioranza è favorevole all’uscita.
E ORA? L’ASSASSINIO DI JO COX COSA PUÒ CAMBIARE? – La risposta, nel pomeriggio di ieri, è arrivata direttamente dai mercati. Quella che sembrava essere un’altra giornata di passione, alla notizia dell’agguato alla deputata anti-Brexit, ha cambiato direzione: l’omicidio potrebbe finire per favorire il consenso verso il “Remain” nell’Unione Europea.
Matteo Torti