Cultura e Società

Quotazioni petrolio, quale destino nel 2017/2018?

petrolioLe quotazioni petrolio nel corso degli ultimi due anni hanno vissuto un interessante movimento altalenante, in grado di aprire interessanti margini di profitto potenziale per tutti gli investitori che hanno scelto di entrare long o short in questo comparto delle commodities. Ma come poter investire sul greggio nel corso dei prossimi mesi? Quali sono gli scenari che potrebbe essere opportuno cercare di calibrare per il prossimo biennio? Cerchiamo di saperne di più, e cercare di prevedere quale sarà il destino del petrolio nel 2017/2018.

Un riequilibrio molto difficile

La prima cosa che vogliamo condividere con tutti voi è, ovviamente, l’evidenza di un permanente squilibrio nel comparto, con un eccesso di offerta rispetto alla domanda di mercato. Un gap che ha alimentato pressioni al ribasso nelle quotazioni del petrolio, che hanno di fatto provocato un drastico calo a partire dalla seconda metà del 2014, quando il prezzo del barile è sceso dai (circa) 100 euro, per scendere, su vari livelli, intorno ai 30 euro, salvo poi riprendere quota verso 50 euro.

Numerose sono le cause sottostanti tale andamento, così come numerose sono le ragioni che stanno ora impedendo al greggio di poter recuperare rapidamente terreno verso soglie desiderabili. Tra le tante, la difficoltà dell’Opec di rispettare la propria volontà di tagliare i livelli di produzione, e coinvolgere in tale ambizione anche i membri esterni al cartello, e la contemporanea difficoltà di compensare (o arginare) la crescita dei livelli produttivi di shale oil statunitense (la nuova crescita – timida – del prezzo del greggio sul mercato ha di fatti reso più conveniente l’attività estrattiva tramite trivellazione).

Insomma, un mercato che sta cercando di trovare un nuovo equilibrio, allontanando lo spettro di uno shock petrolifero ancora più evidente di quanto avvenuto nel recente passato.

Cosa ci riserva il futuro

Per quanto attiene il futuro, riteniamo di poter condividere uno scenario tiepidamente positivo, anche se cauto (agli occhi di tutti gli investitori). Di fatti, è molto probabile che i Paesi interessati dai tagli produttivi riescano – magari, con qualche compensazione – a mantenere un discreto livello di aderenza e di conformità ai progetti di riduzione della produzione, permettendo così al mercato di poter fronteggiare adeguatamente eventuali smarcamenti da parte di Paesi che hanno scelto di proseguire negli attuali standard produttivi (o di aumentarli), e il continuo business dello shale oil americano.

D’altra parte, si può ben notare come vi siano alcuni elementi politici di particolare sostegno nei confronti di chi ritiene che il prossimo anno sarà un anno di sostanziale stabilizzazione del prezzo del greggio. Tra i principali, possiamo certamente ricordare lo sbarco in Borsa del fondo saudita di riferimento per il petrolio, o ancora le elezioni politiche in Russia: due elementi che potrebbero trovare gradimento in una condizione di prezzo del petrolio in crescita o per lo meno stabile, e che pertanto potrebbero giocare un ruolo favorevole nel maggiore impegno verso una nuova fase di equilibrio del barile. Ma su che fronti?

Gli stessi membri Opec hanno oramai sviluppato una buona dose di convinzione secondo cui un prezzo di equilibrio possa essere rappresentato da un greggio intorno ai 50-55 dollari al barile.

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