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Riforma del Lavoro Poletti, come cambia il contratto a tempo determinato Tutte le novità del Job Acts di Matteo Renzi

FirmaDopo la presentazione del programma di Governo e gli importanti passi avanti compiuti sul fronte del taglio delle Province e della modifica costituzionale del ruolo del Senato, la squadra di Matteo Renzo non sembra perdere tempo. Venerdì 4 aprile è arrivato in Senato il Ddl del lavoro così come definito da Giuliano Poletti, il ministro del Lavoro dell’esecutivo del nuovo leader del Pd. Scopriamo tutte le novità che contiene questo disegno di legge delega, con un focus specifico sul contratto a tempo determinato.

 

IL JOB ACTS – Presentato da Matteo Renzi come uno dei punti fondamentali dei suoi primi mesi di governo, il Job Acts sta iniziando il suo iter parlamentare. Oltre al decreto legge Poletti sui contratti di lavoro a termine e sull’apprendistato, venerdì 4 aprile è arrivato al Senato anche il disegno di legge che delega al Governo la riforma degli ammortizzatori sociali oltre che il riordino delle misure a sostegno di maternità e conciliazione.

– Il prossimo passo che vedrà protagonista questo testo sarà quello di essere assegnato alla commissione Lavoro di Palazzo Madama. Il decreto lavoro, invece, è già arrivato alle Commissioni della Camera dei Deputati ed è proprio qui che, come spiegato dallo stesso Poletti, il provvedimento sta “venendo modificato per essere migliorato”.

 

CIG E MATERNITA’: LE POSSIBILI NOVITA’ – Inevitabile parlare al condizionale visto la natura non ancora definitiva del provvedimento. Ciò che è certo è l’obiettivo: rivedere la cassa integrazione e introdurre l’assegno universale di disoccupazione.

– Nel Ddl Poletti è prevista l’universalizzazione dell’Aspi (Assegno per la Disoccupazione Involontaria) “con estensione ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e con l’esclusione degli amministratori e sindaci” prevedendo, prima dell’entrata a regime, “un periodo almeno biennale di sperimentazione a risorse definite”.

– Inoltre è specificato che si prevede “l’introduzione, eventualmente in via sperimentale di ulteriori tipologie contrattuali espressamente volte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti per i lavoratori coinvolti” e l’introduzione, anche questa “eventualmente in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile a tutti i rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, previa consultazione delle parti sociali più rappresentative sul piano nazionale”.

– Sul fronte maternità, invece, l’obiettivo è di estendere, in modo graduale, l’indennità di maternità a tutte le donne lavoratrici e favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, compresa una maggiore flessibilità per permessi e congedi.

 

IL DECRETO LAVORO: COME CAMBIA IL TEMPO DETERMINATO? – L’entrata in vigore del decreto legge n° 34 del 2014 ha “rottamato” il vecchio lavoro a termine.

– La novità di maggior rilievo contenuta nel Dl Lavoro del governo Renzi è quella che riguarda il contratto a tempo determinato e la relativa causalità, prima obbligatoria, mentre ora non più vincolante.

– Il datore di lavoro, con il nuovo decreto, fino a un massimo di 36 mesi non ha più l’obbligo di specificare i motivi tecnici, organizzativi o produttivi per cui sceglie di assumere una persona a tempo determinato. La stessa norma è estesa anche per il contratto di somministrazione a tempo determinato, sempre per un massimo di 36 mesi.

– Prima, invece, la causalità non era necessario specificarla solo e soltanto se il rapporto di lavoro aveva durata inferiore ai 12 mesi. In molti, però, sostenevano già prima che questa era una norma obsoleta, più di “facciata” che di reale importanza e concretezza.

– L’altra grande novità del Dl Lavoro dell’esecutivo Renzi riguarda il numero di volte che il contratto a tempo determinato può essere prorogato: 8 volte nell’ambito dei 36 mesi, purché il contratto faccia riferimento alla stessa attività lavorativa; quindi la mansione non potrà essere diversa. Importante sottolineare che queste proroghe non necessitano pause. Prima, invece, era ammessa nell’ambito del contratto da lavoro, solamente una proroga.

– Infine, il Dl Lavoro di Poletti modifica anche il numero complessivo dei rapporti di lavoro a termine che vengono instaurati da ciascun datore di lavoro. Questi non devono superare il 20% dell’organico complessivo presente in quella data azienda. Questa proporzione non deve essere rispettata da quelle imprese che vedono un numero di dipendenti inferiore a 5, le quali possono sempre stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato. Prima, invece, non c’era alcun tipo di limite e proporzione tra i contratti a tempo determinato e il numero complessivo di lavoratori in quella data azienda.

 

LE CRITICHE ARRIVANO DALLA STESSA SINISTRA – Una buona parte della riforma Fornero è stata definitivamente archiviata dopo soli due anni dalla sua entrata in vigore. Secondo il ministro Poletti ci vorranno “almeno 3-4 anni per vedere degli effetti positivi dalle politiche che stiamo iniziando ad attuare”.

– E’ proprio dallo stesso Pd che arrivano le prime reazioni, negative. Stefano Fassina promette battaglia in Parlamento: “Siamo di fronte a una regressione del mercato del lavoro, aumenta in modo pesantissimo la precarietà, non è una riforma e per quanto mi riguarda deve essere modificato, altrimenti non è votabile. Il decreto sul lavoro emanato dal governo è più grave dell’abolizione dell’articolo 18. Forse vi sono delle tecnicità che non a tutti sono chiare, ma sarebbe meno grave l’eliminazione dell’articolo 18, almeno ci sarebbe un contratto a tempo indeterminato seppure interrompibile in qualunque momento”.

 

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Matteo Torti

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