Risonanza magnetica e sclerosi multipla, studio innovativo dell’ospedale San Raffaele di Milano
I ricercatori dell’Unità di Neuroimaging quantitativo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, una delle 18 strutture d’eccellenza del Gruppo Ospedaliero San Donato, hanno coordinato un gruppo internazionale di esperti clinici e di imaging nella definizione dei nuovi criteri d’uso della risonanza magnetica nella diagnosi e nella gestione dei pazienti con sclerosi multipla. Le linee guida aggiornate sono state pubblicate sulla prestigiosa rivista The Lancet Neurology.
LA DIAGNOSI DELLA SCLEROSI MULTIPLA – La diagnosi di sclerosi multipla richiede che venga dimostrato il coinvolgimento di almeno due regioni diverse del sistema nervoso centrale (disseminazione nello spazio), l’interessamento di nuove regioni del sistema nervoso nel corso della vita del paziente (disseminazione temporale), e l’esclusione di altre malattie che possano avere manifestazioni cliniche simili.
L’IMPORTANZA DELLA RISONANZA MAGNETICA – La risonanza magnetica è uno strumento fondamentale nella valutazione dei pazienti con un sospetto di sclerosi multipla, data la sua elevata sensibilità nel rilevare le alterazioni della sostanza bianca tipiche della malattia e la loro evoluzione. Per questo motivo, dal 2001 (Mc Donald et al., 2001) la risonanza magnetica è stata inclusa formalmente nel percorso di indagine della malattia al fine di formulare una diagnosi precoce e accurata e, di conseguenza, di iniziare quanto prima a somministrare le terapie. Negli anni sono state apportate diverse modifiche ai criteri diagnostici della sclerosi multipla sia per migliorarne l’accuratezza, sia per renderli più facilmente applicabili alla pratica clinica.
L’OBIETTIVO DELLE LINEE GUIDA – “L’obiettivo principale dell’aggiornamento delle linee guida – spiega il professor Massimo Filippi direttore dell’Unità di Neuroimaging quantitativo – è fornire criteri diagnostici basati sulle evidenze più recenti circa l’uso della risonanza magnetica nelle persone con un sospetto di SM”.
– “Su Lancet Neurology spieghiamo – afferma Mara Rocca, ricercatrice presso l’Unità di Neuroimaging quantitativo e co-autrice dello studio – che oltre alle quattro sedi tipicamente coinvolte dalla sclerosi multipla e contemplate negli attuali criteri diagnostici (periventricolare, sottocorticale, fossa posteriore e midollo spinale), vi è anche un coinvolgimento del nervo ottico, che può essere colpito in più del 30% dei pazienti, già all’esordio della malattia.
– Abbiamo inoltre migliorato la definizione del coinvolgimento a carico delle regioni periventricolari e abbiamo incluso la valutazione delle lesioni della sostanza grigia che sono presenti in un’alta percentuale di pazienti anche con sindromi clinicamente isolate (circa il 40%) e che non si osservano in altre malattie neurologiche che possono richiedere una diagnosi differenziale rispetto alla SM”.
LESIONI SINTOMATICHE E LESIONI ASINTOMATICHE – Un aspetto ampiamente dibattuto degli attuali criteri diagnostici riguarda la distinzione tra lesioni sintomatiche e asintomatiche, che a volte può non risultare semplice da un punto di vista clinico.
– In passato, le lesioni sintomatiche venivano escluse dalla dimostrazione della disseminazione nello spazio e nel tempo della malattia. I dati analizzati nelle nuove linee guida indicano come tale distinzione non sia di fatto necessaria, semplificando notevolmente l’approccio diagnostico e consentendo una diagnosi più precoce.
L’ELEMENTO INNOVATIVO – Novità assoluta è l’estensione e la generalizzazione dei criteri diagnostici: “Se fino a oggi le linee guida erano valide per popolazioni ben caratterizzate di pazienti con sindromi clinicamente isolate – adulti, europei o nordamericani – i criteri proposti ora valgono anche per altri gruppi di pazienti, tra cui quelli con forme primariamente progressive di malattia, per i bambini di età superiore agli 11 anni e per le popolazioni asiatiche e dell’America latina, ampliando notevolmente lo spettro diagnostico”, spiega Massimo Filippi.
– “Chiaramente lo sforzo per un’accurata diagnosi differenziale rimane un requisito fondamentale, soprattutto in presenza di sintomi o reperti di laboratorio (inclusa la risonanza magnetica) non caratteristici di SM“, precisa la dottoressa Rocca.
– Conclude il professor Filippi: “Queste linee guida rappresentano un avanzamento importante nel processo diagnostico della sclerosi multipla e avranno un notevole impatto clinico. Dobbiamo tuttavia tenere presente che l’imaging della sclerosi multipla è un campo in continua evoluzione, non solo per le continue migliorie tecniche, ma anche per l’identificazione di nuovi meccanismi fisiopatologici alla base della malattia”. (foto: wikipedia.org).
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