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Referendum contro l’Euro: analisi dettagliata della situazione in Italia, Francia, Grecia, Germania e Inghilterra

SalvadanaioMarine Le Pen, Beppe Grillo, Theodoros Katsanevas, Bjarni Benediktsson, Nigel Farage e Bernd Lucke. Cos’hanno in comune queste sei personalità? Molto semplice: sono i principali esponenti dei movimenti anti-euro di, rispettivamente, Francia, Italia, Grecia, Islanda, Inghilterra e Germania.

 

UNA RICETTA, TANTI DUBBI – Il minimo comune denominatore? L’abbandono della moneta unica europea. Qual è la situazione degli euro-scettici in Europa? Cosa propongono questi nuovi movimenti? Quali potrebbero essere le conseguenze derivanti dall’abbandono dell’euro?

– Scopriamolo assieme nella doppia inchiesta di CronacaMilano. Saranno due gli articoli che dedicheremo al tema: con il primo cercheremo, dopo aver definito i motivi che hanno spinto 17 Paesi europei ad adottare l’euro, di fare una panoramica sui partiti euro-scettici in Europa.

– Con il secondo, invece, ci addentreremo nella situazione italiana analizzando le conseguenze che si potrebbero avere da un’uscita dall’unione monetaria e da un ritorno alla lira.

 

L’INTRODUZIONE DELL’EURO: GLI OBIETTIVI – Da quando il 1° gennaio del 2002 l’euro è entrato in circolazione nei Paesi aderenti all’unione monetaria, sono stati molti gli economisti, i giuristi ed i politici che si sono schierati contro questa scelta.

– Dall’adozione della moneta unica ci si attendeva un aumento dell’interdipendenza economica con conseguente facilitazione del commercio tra gli stati membri. Il tutto a favore dei cittadini europei che avrebbero potuto o dovuto beneficiare di una crescita economica maggiore e più bilanciata.

– Il secondo grande effetto atteso era legato all’inflazione: una moneta unica in più Stati vuol dire riduzione nelle differenze dei prezzi come conseguenza principale di un accrescimento della competizione tra aziende. Il tutto, anche qui, a favore dei consumatori.

 

L’INTRODUZIONE DELL’EURO: I RISULTATI – Queste le attese. Quali, invece, i risultati a più di undici anni dall’immissione dell’euro? Dare giudizi in questo momento potrebbe essere fuorviante visto che siamo nel bel mezzo di una crisi economica che attanaglia, almeno noi italiani, da circa due anni.

– In questi anni è emerso un problema: l’unione monetaria non è sufficiente se non è supportata da unione fiscale, bancaria ed economica. L’Eurozona, per dimensione e popolazione, è assimilabile agli Stati Uniti che hanno una valuta unica, il dollaro, ed una politica monetaria impostata dalla Federal Reserve.

– Ciò che differenzia l’unione monetaria americana da quella europea è che, al di là dell’Oceano Atlantico, i singoli stati hanno meno autonomia regionale ed una maggiore omogeneità a livello economico.

– Per quanto riguarda il tema dei prezzi, invece, più che ad una effettiva riduzione dei prezzi nei Paesi in cui erano maggiori, si è assistito ad un progressivo aumento degli stessi nei paesi dove erano meno cari. La stessa dinamica, però, non è avvenuta con i salari.

– La conseguenza di tutto questo è semplice: l’omogeneità economica all’interno dell’Eurozona non si è raggiunta ed, anzi, sono addirittura aumentate le differenze tra i Paesi dell’Europa centro-settentrionale e quelli periferifici, Europa meridionale ed orientale.

 

PAESE CHE VAI, GRILLO CHE TROVI – Questo scostamento negativo tra risultati ed attese è rimasto latente per diversi anni, ma con lo scoppio della crisi finanziaria nel 2008 non ha potuto far altro che manifestarsi anche a livello politico. La conseguenza principale è stata la formazione di movimenti “euro-scettici” che, soprattutto negli ultimi mesi, stanno vedendo aumentare consenso e base elettorale.

– E chi pensa che questo fenomeno interessi solamente Paesi in difficoltà come l’Italia e la Grecia si sbaglia di grosso. La stessa situazione si sta vivendo anche tra gli “euro-potenti” come la Germania e la Francia, senza dimenticare l’Inghilterra.

 

IL MODELLO GRILLO ESPORTATO IN GRECIA – Storia, filosofia, architettura e … Beppe Grillo. Chi sta cercando punti di contatto tra l’Italia e la Grecia in questi giorni ha dovuto registrare un nuovo fattore che accomuna i due Paesi.

– Dal MoVimento 5 Stelle alla Dracma 5 Stelle; il passo è più corto del previsto. A poco meno di quattro anni di distanza da quel 4 ottobre 2009 – data che ha rappresentato la nascita del MoVimento 5 Stelle – anche la Grecia può vantare il suo Beppe Grillo.

– Si chiama Theodoros Katsanevas ed è l’ex genero di Papandreu, storico leader dei socialisti del Pasok. Assieme a 200 tra professori, economisti ed intellettuali Katsanevas ha lanciato il partito “Dracma 5 Stelle” prendendo spunto dal “marchio” del comico genovese.

– Quali sono gli obiettivi dei “grillini ellenici”? Al primo punto c’è il referendum da lanciare per pilotare un’uscita dall’euro ed il ritorno alla vecchia valuta. Dopodiché si va dallo sviluppo sostenibile alla giustizia sociale, dalla dignità nazionale al rifiuto degli accordi presi con la Troika (che hanno evitato il fallimento del Paese garantendo ad Atene aiuti per 230 miliardi di euro).

– A dire il vero, di rottura con il passato in questo partito c’è ben poco. Primo perché il suo leader è un militante politico di vecchia data (il suo debutto al Parlamento è datato 1989) e, secondo, perché tra le sue proposte c’è quella di lanciare un’unione monetaria dei Paesi del Sud Europa. Una sorta di Euro-bis in versione “meridionale”.

– Dracma 5 Stelle si aggiunge ad un altro partito, Syriza, decisamente più forte per estensione dell’elettorato visto che alle ultime elezioni è stato il secondo partito per numero di consensi e visto che rappresenta la principale forza di opposizione nell’attuale emiciclo ellenico.

 

IL REFERENDUM FRANCESE DELLA LE PEN – Ciò che in Grecia è deputato ai socialisti del Pasok, in Francia è di pertinenza dell’estrema destra Front National di Marine Le Pen, figlia del più famoso Jean-Marie Le Pen che nel 1972 fondò il Fronte Nazionale.

– “Se Grillo vuole incontrarmi – aveva detto la Le Pen ad aprile 2013 – può chiedermelo. Dobbiamo prendere coscienza che le forze euroscettiche che vogliono il cambiamento sull’Europa devono incontrarsi”.

– E’ stata questa la frase che ha destato scalpore in Francia. Cugini d’oltralpe, da sempre in contrasto, ma siamesamente uniti nel volere l’uscita dall’euro.

– Il messaggio della leader francese è chiaro: “Dovunque si sta diffondendo una forma di schiavismo che passa tramite le terrificanti politiche di austerità. Da una parte ci sono quelli che pagano, che si indebitano. Dall’altra ci sono quelli strangolati, che vedono i loro stipendi e pensioni ridursi, mentre ormai gli avvoltoi di Bruxelles sbirciano apertamente sui risparmi”.

– La conseguenza è stata naturale. Il referendum francese sull’uscita dall’euro potrebbe aver luogo nel gennaio del 2014. Le politiche di Front National sono chiare: uscire dall’unione monetaria con ritorno alla divisa nazionale, annullare il Trattato di Schengen e protezionismo/patriottismo economico.

 

ISLANDA ED INGHILTERRA: ELEZIONI ANTI-EURO – Non solo Francia, Grecia ed Italia. Anche più a Nord si è diffuso un pesante sentimento di malessere nei confronti dell’euro. Le conseguenze in Islanda ed in Inghilterra sono state dirompenti.

– Con lo slogan “basta austerità e moneta unica” gli anti-euro di centrodestra hanno spodestato la coalizione di sinistra che era al potere da 2009. Il Partito dell’Indipendenza il cui leader è Bjarni Benediktsson, a Reykjavik, ha conquistato il 26,7% dei consensi contro il 24,3% dei Centristi (Partito del Progresso).

– Non solo Indipendenza. Anche il Partito dei Pirati, per la prima volta, fa ingresso in un Parlamento nazionale. Nonostante un Pil in crescita ed una disoccupazione in calo, gli islandesi hanno deciso di scavare un solco nei confronti dell’Ue.

– Un fenomeno simile è avvenuto anche in Inghilterra. Durante le recenti elezioni in 35 consigli comunali in Inghilterra e Galles si è verificato un autentico exploit del partito Ukip, il cui leader è Nigel Farage.

– Nigel Farage, leader del partito “euro-scettico” ha dichiarato: “E’ una giornata piena di fascino per la politica britannica. Qualcosa è cambiato qui. Io so che tutti vorrebbero dire che è solo qualcosa di breve durata – non lo è. C’è qualcosa di veramente fondamentale che è successo qui”.

 

CHIUDIAMO CON LA GERMANIA: LA MERKEL TREMA – Anche il Paese che conta più di tutti nelle istituzioni europee e la cui leader, Angela Merkel, è riuscita a dettare e ad imporre a numerosi stati le politiche d’austerità, deve fare i conti con un partito “contrarian”.

– Si tratta di Alternative für Deutschland (AfD); è nato il 14 aprile 2013 a Berlino ed è guidato da Bernd Lucke. Sin dalla sua presentazione ufficiale è stato chiaro il punto fermo di questa nuova forza politica: in molti, alla prima uscita pubblica del leader, si sono presentati con un biglietto da 100 marchi sul bavero della giacca.

– Uscita dall’euro obbligatoria per i Paesi del Sud-Europa e graduale – con tanto di circolazione di una moneta parallela per evitare il fenomeno della “corsa agli sportelli” – per la Germania con conseguente reintroduzione del marco è lo slogan del partito che fa tremare la Merkel che il prossimo 22 settembre 2013 dovrà affrontare le elezioni nazionali. I sondaggi la danno ancora in testa (42%) contro il 27% dell’Spd (i socialdemocratici dello sfidante Peer Steinbrück).

– Afd, secondo gli ultimi sondaggi, è accreditato di un massimo del 15-17% dei voti, anche se solamente il 7% degli aventi diritto tedeschi dichiarano di voler votare Lucke con certezza.

– Essendo una formazione nuova, a livello di sondaggi si ripropone lo stesso di campionamento problema avuto in Italia alle ultime politiche nello stimare la “fetta” degli elettori grillini. L’ingresso al Bundestag non è scontato, ma le sorprese sono dietro l’angolo anche in Germania.

 

“… MA COS’E’ LA DESTRA? COS’E LA SINISTRA? …” – Da quest’analisi cosa possiamo derivare? Sicuramente che la crisi economica europea sta generando in molti Paesi, anche importanti se si pensa a Francia, Germania, Inghilterra ed Italia, l’esplodere di nuove forze politiche in grado di arrivare rapidamente a poter contare sul 25% dell’elettorato.

– Syriza in Grecia, UKIP nel Regno Unito, M5S in Italia, Front National in Francia e AfD in Germania ne sono gli esempi più eclatanti. Analizzando la loro origine politica si scopre che questi partiti “euro-scettici” o “antieuropeisti” hanno radici tanto nel socialismo (vedasi il caso Grecia) quanto nell’estremismo di destra (vedasi il caso francese).

– Quelli citati sono movimenti diversi con programmi solo in parte sovrapponibili che però hanno avuto e stanno avendo la capacità ed il merito di spostare verso di sé quei milioni di voti, in passato di “proprietà” dela sinistra “operaia”, al grido del “rispetto della parola data”.

 

LA PROSSIMA PUNTATA – Dopo aver definito il quadro politico europeo di questi partiti “euro-scettici” non resta che andare ad analizzare assieme le possibili conseguenze che si avrebbero, in Italia, da un ritorno alla lira. A domani il nuovo articolo di CronacaMilano.

 

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