Questione Taxi – Uber: analisi dettagliata fenomeno, nascita, differenze fiscali, regolamentazioni, info
Si narra che si trovasse in vacanza a Parigi quando, non riuscendo a trovare un taxi, ha partorito la sua geniale idea: un servizio di noleggio auto di lusso con tanto di conducente prenotabile con pochi clic dal proprio smartphone. Ma Travis Kalanick, ambizioso ragazzotto californiano, mai avrebbe pensato che Uber, l’applicazione da lui creata a San Francisco, insieme con Garrett Camp, in soli cinque anni avrebbe finito con il travalicare non solo i confini della soleggiata California, ma anche quelli a Stelle e Strisce, arrivando a diffondersi in un’ottantina di città in giro per il mondo. Numero destinato a toccare quota 100 entro la fine del 2014.
UN AUTISTA A PORTATA DI CLIC – Di che si tratta, esattamente? Uber offre un servizio che, a grandi linee, si colloca a metà strada tra quello offerto da un comune taxi e il noleggio con conducente (in gergo Ncc). E che nel nostro Paese è ormai presente, da poco più di un anno, a Milano e Roma.
– Il funzionamento, segreto anche del suo successo, è molto semplice. Basta scaricare l’applicazione sul proprio tablet o smartphone, registrarsi, comunicare i dati della carta di credito e il gioco è fatto. Nel momento in cui si desidera utilizzare l’applicazione, la propria posizione viene rilevata dal Gps. A quel punto, il sistema individua le auto più vicine offrendo una stima del tempo di arrivo. Una volta scelta l’auto preferita – solitamente costose berline delle marche più blasonate – non rimane che attendere.
– Le tariffe sono prefissate in base ad una combinazione di velocità e distanza: se l’auto viaggia sotto i 20 km/h si paga un prezzo forfettario, per velocità superiori il costo è determinato in base ai km percorsi. A fine corsa, il costo del servizio – di cui Uber trattiene il 20% mentre il restante 80 va all’autista – viene addebitato sulla propria carta di credito. Inoltre, se lo si desidera, si può anche lasciare un commento sul servizio ricevuto.
I SERVIZI DI UBER – Uber Berlina Nera, Uber VAN ed uberPOP. Sono tre i servizi che la società californiana mette a disposizione in quel di Milano. L’obiettivo della sharing economy è la filosofia su cui si basa l’azienda fondata da Travis Kalanick. Ma se il servizio Uber Berlina Nera viene offerto da autisti professionisti con licenza di Ncc (Noleggio Con Conducente), ciò che ha scatenato l’ira dei tassisti è stata l’introduzione di uberPOP.
– Si tratta di un servizio di ride sharing, di economia collaborativa, dove è l’individuo privato a mettere in condivisione la sua automobile per tutti coloro che hanno l’esigenza di spostarsi in città. Se con Uber Berlina e Uber VAN l’obiettivo era, rispettivamente, “il lusso a portata di mano” e “il lusso della comodità”, uberPOP si focalizza sul concetto di sharing e pooling.
– Le tariffe calano radicalmente: 2,5 euro la tariffa base contro i 5 degli altri due servizi Uber, dimezzato da 10 a 5 anche il tragitto minimo e da 17 a 9 il tragitto medio. Dopodiché, il costo è di 0,49 euro al minuto. I prezzi possono però variare e sono calcolati da un tassametro digitale, ma l’app di uberPOP è comunque in grado di offrire sin da subito un costo medio indicando il tragitto che si vorrebbe compiere.
OLTRE UN MILIARDO DI DOLLARI DI FATTURATO – Riguardo i numeri sulla diffusione di Uber, in realtà, si sa poco. La società non lascia trapelare nulla o quasi, tenendo tutto piuttosto top-secret. Solo qualche giorno fa, sul blog della compagnia, sono state diffuse alcune cifre relative agli Stati Uniti.
– Le ultime stime parlano di un fatturato di tutto rispetto: oltre un miliardo di dollari. E a giudicare anche dai circa 300 milioni di dollari di investimenti ricevuti, di cui 257 dalla sola Google Venture – i ben informati parlano di ulteriori milioni di dollari in arrivo -, si capisce come il successo dell’applicazione sia ormai incontestabile. Tanto che da quelle parti si sta addirittura studiando un eventuale sbarco a Wall Street.
IL PREZZO DEL SUCCESSO: TUTTI CONTRO UBER – Ma il successo, si sa, ha sempre il suo prezzo. E quello che rischiano di pagare Kalanick e il suo socio sembra diventare ogni giorno più salato.
– Se è innegabile, infatti, che la company di San Francisco sta spopolando – soprattutto tra i giovani, i più attratti dalle novità digitali e avvezzi alla tecnologia – è altresì vero che il marchio Uber si è guadagnato un cospicuo stuolo di detrattori, sia in patria che altrove, diventando il nemico numero uno dei tassisti di mezzo mondo.
– E’ successo nella stessa San Francisco, ma anche a Miami, Austin, Washington, Chicago e New York. Alla fine, però, dopo rumorose contestazioni, si è giunti ad un accordo.
– Nella vecchia Europa, invece, le cose stanno andando un po’ diversamente. A Berlino e Bruxelles, per esempio, l’applicazione è stata addirittura bandita e messa fuorilegge. Ma le manifestazioni di dissenso hanno interessato anche Parigi e la compassata Londra, dove i tassisti sono scesi in piazza per dire “no” ad Uber.
11 GIUGNO: SCIOPERO EUROPEO – E la situazione sembra non promettere nulla di buono. L’11 giugno, infatti, i tassisti europei hanno incrociato le braccia contro l’abusivismo nel settore del trasporto delle persone (QUI, le modalità dello sciopero per quanto riguarda l’Italia).
uberPOP, IL VERO PROBLEMA – Nel nostro Paese, le cose non potevano andare diversamente. Ma a mettere sul piede di guerra i circa 5 mila autisti di auto bianche meneghini, più che l’applicazione tradizionale, è stato uberPOP.
– Avere un’auto intestata, avere la patente da almeno 3 anni, avere un’auto che non sia stata immatricolata più di 8 anni fa, non avere sospensioni di patente e avere una fedina penale pulita. Sono questi i cinque requisiti che Uber impone a chiunque voglia diventare un autista uberPOP.
– La differenza tra uberPOP e Uber Berlina Nera è netta e la si comprende bene anche nel momento dell’iscrizione. Se nel caso di Uber Berlina Nera (detto anche UberBLACK) viene richiesto di essere “un autista professionista con patente e assicurazione commerciali”, per uberPOP la stringa recita: “Sei… un adulto con almeno 3 anni di patente e assicurazione auto personale”.
– Anche i dati necessari alla registrazione sono completamente diversi: Nome dell’Azienda e Partita Iva per UberBLACK; semplici dati personali (Nome, Cognome, E-mail, Mobile, Indirizzo, Città e Codice Postale) per uberPOP. Insomma: diventare un autista uberPOP è davvero alla portata di tutti. Un’ottima idea per arrotondare i magri stipendi in tempi di crisi.
I TASSISTI: “UN SERVIZIO ILLECITO” – Peccato che, sottolineano inviperiti i tassisti, questo servizio venga offerto in modo del tutto illecito, poiché l’autista, non essendo un professionista, non è tenuto a pagare Inail, Inps, Irpef e via dicendo. Senza contare l’assenza di assicurazione per il cliente e tutti gli altri rischi correlati al fatto di non affidarsi ad un professionista.
– “Si devono attenere alle regole. Punto”, dice senza mezzi termini M.P., 34 anni, tassista milanese in servizio da 10 anni. Che aggiunge: “Se effettuassero un servizio in linea a quello offerto dagli Ncc, con partenza dall’autorimessa, non ci sarebbero problemi. Ma dal momento in cui il loro servizio si sovrappone al nostro, questo non dovrebbe essere più consentito. E non sono io a dirlo. Ma le leggi”.
– Le motivazioni sono tante. “Noi paghiamo le tasse, abbiamo un certificato di abilitazione professionale e sottoponiamo le vetture a frequenti controlli. Ma soprattutto – sottolinea M.P. – abbiamo una licenza con la quale ci siamo praticamente pagati un posto di lavoro. Ho dovuto fare un mutuo per averla, lavorando di sabato, domenica, durante le feste. Parlano di noi tassisti come di una lobby, ma io non mi sento assolutamente di appartenere ad una lobby”.
– E cosa ne pensano i tassisti, realmente, di uberPOP? “Non lo voglio prendere neanche in considerazione. Non ha ragione di esistere. E’ al di fuori di ogni regolamento e, soprattutto, non garantisce nessun tipo di sicurezza a chi ne usufruisce. Per non parlare della questione legata all’evasione fiscale”.
NCC: “UBER ALMENO CI PAGA” – Sulla stessa linea d’onda, per quanto riguarda la low-cost di Uber, è F.C., 37 anni, Ncc da circa una decade. “UberPop effettua una concorrenza altamente sleale – racconta -, nei confronti di noi autisti e dei tassisti, che a tutti gli effetti siamo dei professionisti. E’ impensabile che chiunque lo desideri, senza avere una licenza, si improvvisi autista in barba alle leggi vigenti”.
– Parlando del servizio tradizionale di Uber, però, quello con regolare conducente professionista, le cose cambiano. “Per quanto riguarda gli Ncc, Uber funziona perché sta cavalcando l’onda della crisi che c’è in tutto il mondo – spiega F. C. -. E perché funziona? Perché a differenza dei clienti italiani che si rivolgono a noi autisti, e che pagano, quando va bene, a 60-90-120 giorni, Uber paga i suoi autisti regolarmente ogni settimana”.
– Cosa non da poco o così scontata, di questi tempi. “Io lavoro con clienti molto importanti e blasonati che danno lustro alla mia professionalità. Ma alla fine, quello che mi preme è guadagnare, altrimenti non vivo. Se non mi pagano, quindi, è facile capire come possa essere più interessato ad aderire ad Uber, trasportando la coppia di giovani fidanzati in discoteca, piuttosto che portare il manager di turno in giro per l’Italia senza però vedere, a fine mese, il becco di un quattrino”.
LA MATRIOSKA FISCALE DI UBER – Olanda, Bermuda e Delaware. Uber BV, Uber International BV, Uber International CV e Neben LLC. Un incastro tanto complicato quanto efficace. Un incastro, sia chiaro, ad ora legale per poter realizzare la cosiddetta “ottimizzazione fiscale”. Facciamo chiarezza.
– Il conducente che lavora per Uber, versa il 20% dell’importo di ogni corsa alla società Uber BV che ha sede in Olanda e che viene interamente controllata da Uber International BV, anch’essa con sede olandese.
– Uber International BV, però, è a sua volta controllata al 100% da Uber International CV, una società che risiede alle Bermuda, un altro noto paradiso fiscale. Non finisce qui però: Uber International CV è a sua volta controllata da Neben LLC, che ha sede nel Delaware, uno dei pochi paradisi fiscali degli Stati Uniti.
– Il motivo di questo “incastro fiscale”? Semplice: ottimizzare, fare efficienza. Pagare meno tasse possibili. Al momento è tutto legale. Non è solo Uber ad aver adottato questo modello; ci sono i Big Five della Rete (Google, Facebook, Microsoft, Apple ed Amazon). Dietro c’è l’intricata questione della Web Tax.
ANCHE LA POLITICA DICE ‘NO’ – Sulla delicata questione taxi-Uber bisogna anche registrare la netta presa di posizione della politica italiana. Roberto Maroni, governatore della Lombardia, e Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti, hanno chiaramente detto come Uber sia un servizio che viola la legge.
– “Qualsiasi app o innovazione che eroghi un servizio pubblico non autorizzato – afferma Maroni – compie un esercizio abusivo della professione: non è permesso e non si può fare, che si chiami Uber o in qualsiasi altro modo”. Dose rincarata da Lupi: “Non accetteremo nessun caso che violi una norma che è chiarissima e non si presta a nessuna interpretazione”.
– Non è certa intenzione della politica italiana fermare il servizio di Uber, ma la volontà è quella di far in modo che Uber svolga un servizio nel pieno rispetto della legge perché, come ha spiegato lo stesso Lupi, “il servizio pubblico non in linea può essere erogato unicamente dai taxi e dagli Ncc.
– L’aspetto più delicato della questione Uber è l’app uberPOP, ossia la versione low cost del servizio offerto dalla società californiana. “Così come è formulata – dice il governatore della Lombardia – Uberpop è un esercizio abusivo della professione. Se viene riconosciuta questa violazione è chiaro che si tratta di un servizio illegale”.
I DIFENSORI DI UBER – Come in ogni questione, c’è anche chi è assolutamente dalla parte di Uber e, in particolare, dalla parte di uberPOP.
– I difensori dell’app californiana affermano, innanzitutto, che la legge 21 del 1992, modificata nel 2008 e che regolamenta le attività di trasporto pubblico, taxi e veicoli Ncc, non viene violata da Uber dal momento che la POP è un’applicazione che agisce come piattaforma tecnologica per mettere in contatto i clienti e gli autisti, che siano Ncc ufficiali o semplici privati. uberPOP, in questo senso, verrebbe visto come un normale social network in grado di aggregare dietro il concetto di ride sharing, la domanda e l’offerta.
– C’è poi l’aspetto che il Ncc deve ricevere la chiamata dalla sua autorimessa e non può, come invece accade per i Taxi, essere reperibile già in strada. uberPOP, nel momento in cui riceve una richiesta da un cliente, manda una mail all’autista prescelto. E-mail che viene inviata alla posta elettronica certificata dell’autista che, secondo alcuni, avrebbe valore di sede virtuale.
– E poi c’è l’aspetto concorrenziale tra Uber e Taxi che, per i difensori dei primi, è praticamente nullo. Il motivo? Gli uberiani sostengono che uberPOP sia un’applicazione assolutamente di nicchia, non tanto perchè è necessario disporre di uno smartphone ma perché è necessario avere un conto Paypal a cui agganciare la propria carta di credito.
LA TECNOLOGIA IMPONE NUOVE REGOLE – Civiltà o perdita di garanzie? Il fatto che chiunque possa diventare una sorta di tassista grazie a uberPOP come lo si deve vedere? Una cosa è certa: il filo su cui si muove ed opera uberPOP è al confine tra legalità e illegalità ma, come successo in altri Paesi, è probabile che l’avvento dell’app californiana provochi una nuova regolamentazione.
– In mancanza di una precisa regolamentazione in materia, è evidente che si debba sapere che tra un tassista e un noleggiatore c’è una netta differenza e che la legge, ad oggi, prevede che il noleggiatore debba partire da un’autorimessa e non dalla strada stessa.
– Questa concezione, seppur obsoleta e molte volte sospesa da altre leggi, è comunque ad oggi l’unica esistente; quindi è da rispettare. Il fondo della questione è molto più delicato: si riuscirà a mettere una concorrenza leale tra un tassista che paga a caro prezzo la licenza per svolgere il proprio lavoro ed è costretto a sottostare a molti vincoli normativi su orari, sicurezza e obblighi fiscali e chi, come Uber, sfruttando la labilità del web, ha ben pochi vincoli da rispettare?
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S. P.
Matteo Torti