La movida milanese incoraggia il consumo di alcolici?
Questo articolo è redatto sulla base di un’esperienza vissuta personalmente sabato scorso; la zona è quella di C.so Sempione, in particolare “sotto” l’arco della Pace, uno dei luoghi più frequentati di Milano da ragazzi e ragazze in cerca di cocktail da gustare all’aria aperta.
La, decisamente controversa, scena, capita in uno dei tanti locali assiepati l’uno di fianco all’altro, dove l’entrata in un pub piuttosto che in un altro viene scelta esclusivamente sulla base dei posti disponibili.
Dovendo, alcuni di noi, guidare, vengono ordinati sia cocktail alcoolici che altri analcoolici; al momento della consegna, i cocktail alcoolici vengono serviti in normali bicchieri da 0,2 dl (sostanzialmente una birra piccola) e fin qui niente di strano.
Per quanto riguarda gli analcoolici, invece, vengono serviti in un bicchiere avente un diametro di 12 cm ed un’altezza di 15 cm, da sottolineare il fatto che non è stato richiesto in alcun modo un cocktail maxi: sostanzialmente più di mezzo litro di bevanda, veramente difficile da finire; anche fin qui ci sarebbe poco di strano.
Il colmo, infatti, arriva al momento del pagamento: gli alcoolici costano 8 euro, mentre per gli analcoolici ne vengono chiesti 10!
Ora, numerose sono le riflessioni che sorgono in mente a tutti noi.
Certo, il barista potrebbe giustificare il differente tariffario spiegando che l’analcoolico era molto più grande dell’alcoolico: motivazione inconfutabile a prima vista, ma sembra un vero e proprio paradosso visto le innumerevoli campagne volte a ridurre il consumo di alcool e favorire il consumo di soft drinks, soprattutto per chi si deve mettere alla guida.
Piuttosto, sarebbe allora interessante poter fare un’analisi di quanto possa costare al gestore del locale un singolo cocktail alcoolico, rispetto ad uno analcoolico. E seguendo questa linea, sembra evidente che l’analcolico abbia un costo nettamente inferiore rispetto all’altro, costituito da diversi e più costosi ingredienti.
E’ evidente la stranezza a cui si è sottoposti: 10 euro per un, fondamentalmente, succo di frutta, di cui metà bicchiere è occupato da ghiaccio che fa molto chic, certo, ma che rende la bevanda, dopo qualche minuto, ancora più annacquata.
Inoltre, si possono portare altri esempi circa il comportamento “curioso” adottato dai gestori dei locali: ad esempio, la richiesta di 5 euro per una bottiglia, pardon “bottigliettina” d’acqua da 20 cl, quando al supermercato la stessa ha un costo di circa 0,40 eurocent al litro.
Mi sembra palese che questo non è il modo di fare, non è così che i locali responsabilizzano i giovani, non è così che si deve cercare di fare soldi. Pobabilmente, dopo quanto successo, molti clienti la prossima volta sceglieranno di bere un cocktail alcoolico, dato che costa meno, è più buono e c’è decisamente più scelta.
E la famosa sensibilizzazione dei giovani? Non avrà sortito alcun effetto, per l’ennesima volta…
Matteo Torti