Ufficio postale via Marcona Milano, oggi pomeriggio decine di persone non hanno potuto spedire raccomandate, corrispondenza e pacchi
Gentile Redazione di Cronacamilano,
sono una cittadina milanese di 26 anni e sono profondamente indignata per la situazione nella quale mi sono trovata oggi pomeriggio all’ufficio postale di via Marcona 11, zona corso XXII Marzo.
Tutto è iniziato perché dovevo spedire un pacchetto da 1 chilo circa affidatomi dal mio datore di lavoro e indirizzato a Napoli. E poiché al mattino ho avuto parecchie incombenza da sbrigare in ufficio, come tante altre volte mi sono recata in pomeriggio alla posta centrale di via Cordusio 4.
La sorpresa, però, è arrivata subito: da un capannello di gente all’entrata principale ho appreso, (cosa anche scritta su un foglio appeso a una delle porte d’ingresso), che “il giorno 6 dicembre 2010 l’ufficio postale di via Cordusio 4 chiuderà alle 14,00 anziché alle 19,00. Si consiglia di recarsi all’ufficio limitrofo di via Marcona 11”.
Detto fatto, nel caos della viabilità che caratterizza i giorni della Fiera degli Oh Bej Oh Bej, mi sono precipitata in via Marcona, arrivando finalmente all’ufficio postale alle 18.35, cioè quasi mezzora prima della chiusura.
Ma ancora una brutta sorpresa: davanti alla macchinetta che distribuisce i numeri di prenotazione dei servizi, un altro capannello di persone, che parlavano tra loro in modo molto animato. Ho chiesto “permesso” per schiacciare il tasto corrispondente alla spedizione del mio pacchetto e, solo allora, ho capito: la macchina era disattivata, già da parecchi minuti aveva cessato di distribuire i biglietti e chi non avesse fatto a tempo a procurarsene uno, poteva tornarsene a casa.
“Impossibile”, mi sono detta, “domani è Sant’Ambrogio quindi a Milano è festa, e il 7 è l’Immacolata e quindi ancora la posta è chiusa… come faccio in ufficio se non riesco a far partire il pacco??”
In pochi minuti la situazione è degenerata: intorno e dietro di me la gente continuava ad entrare e le proteste arrivavano da ogni direzione: “Devo assolutamente mandare una raccomandata al Ministero, a Roma”, “Ho il certificato di malattia di mia sorella, per l’Inps”, “Manca ancora mezzora, non potete interrompere il servizio quando la gente è stata mandata qui dalla posta centrale e i prossimi 2 giorni sono festivi, abbiamo delle scadenze da pagare!”
Ma non è servito a nulla: i 6 dipendenti agli sportelli sono stati irremovibili, e hanno continuato a ripetere: “Chi non ha il biglietto con il numero se ne vada a casa, non verrà servito!”
Non sapendo cosa fare sono rimasta qualche secondo ad osservare la situazione, e ho notato che molti dei presenti si stavano organizzando come potevano: chi rassicurava il vicino-senza-numero offrendogli di accorpare le raccomandate, chi raccoglieva da terra qualche numero abbandonato da persone che avevano desistito davanti alla fila, chi proponeva di tenere il numero e poi passarlo a chi ne avesse avuto bisogno, il tutto mormorando con un fil di voce per evitare che gli sportellisti sentissero, neanche fosse stato il mercato nero.
Ad ogni modo, mentre molti si organizzavano e molti altri invece continuavano a protestare, le repliche dei dipendenti non hanno mai smesso di saettare: “E’ inutile che vi lamentiate, se non avete il numero non verrete serviti!”, oppure: “Se è urgente domani mattina andate a Segrate, lì troverete sicuramente aperto!”
Nel panico, non sapendo proprio come fare mi sono avvicinata allo sportello più vicino e ho cercato di spiegare a un’impiegata: “Devo spedire questo pacco per lavoro, sono assunta in prova, se non lo spedisco potrebbero licenziarmi.”
E lei: “E perché è venuta a quest’ora?”
“Perché prima ero al lavoro – ho risposto quasi in lacrime – sono andata alla posta centrale ma ho letto che oggi chiudevano alle 14 e dicevano di venire qui… perderò il posto se il pacco non arriva al destinatario!”
Per una frazione di secondo l’impiegata ha esitato, e in quel brevissimo istante ho pensato “Grazie a Dio ha capito e mi lascia spedire il pacco!” Un istante dopo, però, tornando in se stessa mi ha nuovamente ripetuto: “Chi non ha il numero non verrà servito!”
Per mia fortuna, proprio mentre avevo perso ogni speranza un signore, un perfetto sconosciuto, mi si è avvicinato porgendomi il suo biglietto e mi ha detto: “Tenga, non si preoccupi prenda il mio”. E dopo avermi messo in mano il fogliettino di carta recante il numero 623, semplicemente se n’è andato.
Ora, io il pacco sono riuscita a spedirlo (e per questo non finirò mai di ringraziare il signore che mi ha ceduto il suo numero), ma è ammissibile che possa succedere una cosa del genere, a Milano, prima di 2 giorni di festa?
L’ufficio centrale delle poste ha fatto solo mezza giornata, e a quanto ho saputo anche moltissimi altri uffici cittadini sono stati imprevedibilmente chiusi.
Come facevano i cittadini ad esserne informati? Com’è possibile che l’ufficio centrale delle poste, che ospita più di una ventina di sportelli, sia stato improvvisamente chiuso e tutte le sue decine e decine di utenti siano state riversate in un ufficio decentrato con appena 6 postazioni?
Chi risponderà dei danni causati dal mancato invio? E di tutto il tempo perso? Perché in una città come Milano succedono queste cose e i cittadini non possono fare altro che subire?
Come ho detto all’inizio, sono profondamente indignata per quanto accaduto, per la sgarbatezza del personale delle poste e per le risposte assolutamente impietose rivolte a persone anziane, stranieri, e a tutti coloro che per timidezza o insicurezza hanno fatto dietro front incassando, senza poter spedire quanto necessario e, soprattutto, dovuto da un servizio pubblico sacrosanto.
Se la posta centrale è stata chiusa, come si pensava di far fronte a tutti gli utenti che, come consigliato dallo stesso cartello appeso in via Cordusio, si sono prevedibilmente riversati in un piccolo ufficio decentrato?
Mi piacerebbe che qualcuno desse delle risposte.
Bancomat clonati via Marcona ufficio postale