Cultura e Società

Intervista Colonnello Valentino De Simone, Comandante della Caserma santa Barbara di Milano: un soldato che fa della sua esistenza un modello di vita

Il vento di coesione e celebrazioni ufficiali del 150° anniversario dell’Italia Unita sono soffiati in tutta Italia e, in questo particolare momento che esalta il valore del Risorgimento, ho intervistato il Colonnello Valentino de Simone, giovane, illustre e valente Ufficiale, comandante il Reggimento Artiglieria a Cavallo e Comandante la prestigiosa Caserma Santa Barbara di Milano, che ancora oggi perpetua orgogliosamente e gelosamente lo spirito immortale de “Le Voloire”, custodito e tramandato in quasi due secoli di gloriosa storia.

 

Il Comandante Valentino de Simone, bella figura di Ufficiale dagli occhi di ghiaccio che rivelano sincerità, trasparenza, determinazione e, soprattutto, sicurezza di chi guarda nella parte giusta, è una forza della natura, un uomo che racchiude in sé lo spirito forte del vero Soldato, dal quale poter attingere i molteplici significati del valore di appartenenza alla nostra Patria.

 

Mi ha ricevuto salutandomi con la cortesia con la quale si distinguono i grandi Ufficiali: in divisa mimetica come un comune soldato nella sua splendida stanza arredata di bandiere, stendardi, sciabole e altro, che ricorda il periodo risorgimentale. Durante l’intervista non ha mai smesso di fare il Comandante e, perciò, mentre rispondeva alle domande che gli rivolgevo, riceveva i vari ufficiali e sottoufficiali, anche loro in divisa mimetica, impartendo loro gli ordini del caso. E’ stata una bella impressione quella di constatare di persona una realtà fatta di uomini che guardavano tutti dalla stessa parte e con un unico obiettivo: servire la Patria. Non volendo fargli perdere del tempo prezioso, ho iniziato subito con la prima domanda:

 

Comandante, mi può dire il suo luogo di origine, se proviene da una famiglia di militari e a quale età è avvenuta la sua scelta di intraprendere la carriera militare?

“Comincio a risponderle che sono originario della città di Aversa, cui sono molto legato. La mia vita è stata come quella di tutti i ragazzi di una cittadina meridionale: studi classici, profonde amicizie e qualche “zingarata” di gioventù. Provengo da famiglia di professionisti, e l’idea di intraprendere la carriera militare mi è venuta intorno ai sedici anni. Infatti, appena conseguita la maturità, a diciotto anni, feci il concorso per accedere all’Accademia Militare, vincendolo; mi trasferii quindi da Aversa a Modena, dove è iniziata la mia carriera militare nel 1984”.

 

Il Comando del Reggimento Artiglieria a Cavallo comporta anche essere Comandante di questa Caserma?

“Sì. Il Comandante del Reggimento Artiglieria a Cavallo è anche comandante di tutta la caserma “Santa Barbara”, che ospita però anche un reparto delle Trasmissioni militari”.

 

Mi può parlare della storia delle Batterie a Cavallo?

“Le Batterie”, altro nome con cui è conosciuto il Reggimento, sono uno dei reparti più antichi dell’Esercito. Furono costituite l’8 aprile 1831 in Venaria Reale (Torino) come artiglieria leggera, in appoggio celere alla cavalleria che non disponeva di cannoni. Per la rapidità di spostamento e la velocità d’azione si guadagnarono ben presto il nome di “volanti”. Infatti, oltre che essere una storica denominazione del Reggimento, il termine “Volòire” fu coniato proprio dai cittadini di Venaria e in piemontese significa, appunto, “volanti”. Oggi è il nostro grido di battaglia.

Nel 1861 le Batterie a Cavallo furono trasferite a Milano e nel 1887 furono tutte riunite nel Reggimento Artiglieria a Cavallo che fin da allora ha sede nella capitale del Nord, caso unico in tutto l’Esercito italiano.

 

Considerato che quest’anno ricorre l’anniversario dell’Unità d’Italia, quale ruolo hanno avuto Le Volòire nelle campagne per l’indipendenza?

“Hanno avuto un ruolo di grande protagonista perché parteciparono, con valore, a tutte le campagne d’Indipendenza d’Italia, meritandosi i massimi riconoscimenti. Non a caso le prime due medaglie d’oro al valor militare mai concesse ad artiglieri, furono assegnate a due Ufficiali delle Batterie a Cavallo: al Luogotenente Gioacchino Bellezza (1ª Batteria) e al Capitano Roberto Perrone di S. Martino (2ª Batteria)”.

 

Dopo il 1861, in quali altre battaglie si distinsero?

“Nella Prima Guerra Mondiale del 1915-1918 furono mobilitate sul fronte, per tutti e tre gli anni. Si batterono con valore “sempre e dovunque” e furono impiegate anche in funzione contraerea. Nel 1918 le Batterie parteciparono alla difesa dell’Altopiano di Asiago. Il 30 ottobre del ’18, riordinate le formazioni a cavallo, appoggiarono valorosamente a Vittorio Veneto l’azione delle Divisioni di cavalleria meritando per il loro eroico comportamento una speciale citazione sul Bollettino di Guerra del 5 novembre 1918”.

 

Ritornando a noi, è impegnativo comandare il Reggimento Artiglieria a Cavallo?

“E’ un incarico di massimo prestigio, ma anche molto impegnativo. La funzione di Comandante comporta una serie di responsabilità: disciplinari, amministrative e penali”.

 

Quali sono i compiti specifici in generale e in particolare in questa città?

Per quanto riguarda i compiti, il Reggimento è impegnato su più fronti: dal controllo del territorio cittadino, alle attività di prevenzione generale in concorso con la Polizia; dall’addestramento di artiglieria alle operazioni oltremare. Oltre ai compiti già menzionati, vi rientrano quelli d’intervento in caso di calamità naturali. Infine, coltiviamo anche un altro impegno tradizionale: l’attività equestre svolta dal nostro Centro Ippico Militare e dalla Sezione storica a cavallo”.

 

Che rapporto c’è tra il Reggimento a Cavallo e Milano?

“Come le dicevo prima, il Reggimento è nato qui a Milano senza aver mai cambiato sede, pertanto, è un punto di riferimento molto importante per questa città”.

 

E tra Lei e Milano, quale rapporto si è instaurato?

“Dal punto di vista squisitamente umano, la città di Milano mi ha colpito perché ha svelato che tra militari e milanesi il rapporto di collaborazione, d’amicizia e di stima è davvero solido. Inoltre, sono grato a questa Città che mi ha dato molto e, in particolare, a questa Caserma che i milanesi chiamano affettuosamente “la Perrucchetti”. Ho avuto calorose testimonianze da persone sconosciute con le quali poi si sono create relazioni interpersonali e so che, quando lascerò la città per naturale avvicendamento, Milano e i milanesi mi mancheranno molto”.

 

Dopo labolizione dell’obbligo della leva, ha riscontrato una diminuzione di richieste di arruolamento?

“Assolutamente no. In un primo momento si pensava che con l’abolizione della leva l’Esercito avrebbe vissuto un lungo periodo di crisi, invece c’è stata una presa di coscienza da parte di tantissimi ragazzi. Pensi: in questo momento ci sono quasi 100.000 ragazzi che si vogliono arruolare e solo poco più di 10.000 riusciranno a entrare nell’Esercito e senza la garanzia di restarvi per sempre. I ragazzi sanno bene che dopo uno-due anni dovranno affrontare altre selezioni e che la metà di essi tornerà a casa. Per i rimanenti soldati, dopo quattro-cinque anni ci sarà un’ulteriore verifica e, a quel punto, solo una piccola percentuale lascerà l’Esercito”.

 

Ciò che muove un ragazzo ad arruolarsi nell’Esercito è una scelta lavorativa o d’ideale?

“Non si può pensare che questo impegno, che non ha certo breve durata, sia riconducibile a una mera ricerca di lavoro. Da moltissimi sondaggi, e dalla mia personale esperienza vissuta a Milano, atta a verificare quale fosse la loro scelta motivazionale – opzione lavorativa o scelta di un ideale – abbiamo riscontrato nei giovani la voglia di condividere valori e regole. Accettare di far parte di questa Istituzione e sottoporsi a molti sacrifici per poco più di 800 euro al mese, non può essere soltanto una scelta di lavoro. Ciò che spinge un ragazzo ad arruolarsi è piuttosto la voglia di partecipare, di far parte di un’organizzazione che offre un modello di vita in cui credere. E, infatti, se un uomo, o una donna, vive e opera per qualcosa in cui crede, egli raggiunge il vertice dell’autorealizzazione. Pensiamo ai Mille che partirono da Quarto, ben sapendo che molti di loro non sarebbero tornati: ebbene siamo pure obbligati a credere che essi abbiano accettato quell’incredibile sfida esclusivamente per amore dell’Italia e non certamente per un compenso economico”.

 

I giovani, quindi, sono alla ricerca di qualcosa in cui credere?

“I giovani, contrariamente a quanto si pensa, sono alla ricerca di quei valori che non possono più riscontrare nella realtà sociale contemporanea. Il vuoto creato dall’assenza di valori li spinge a ricercare un porto sicuro in cui ancorare, mettere radici e sviluppare un modello di vita più pulito. Credo sia sbagliato pensare che i nostri giovani, oggi, siano dei “bamboccioni”, inadatti a percepire il senso di valori fondanti. Sono piuttosto incline a ritenere che i ragazzi soffrano terribilmente del vuoto ad essi riservato dalla società, la televisione, la massificazione, e pertanto molti di loro si mettono alla ricerca di modelli di vita ispirati”.

 

Nell’Esercito, i ragazzi, oltre a trovare un ideale per cui vivere, cos’altro trovano?

“L’Italia è il paese del volontariato più coinvolgente e solidale: decine di migliaia sono i volontari della Croce Rossa, delle organizzazioni religiose, delle ONLUS ed altre ancora. In questo ricco panorama di possibilità, le Forze Armate, oltre ad un preciso modello di vita, che abbraccia idealmente tutti i più bei valori dell’esistenza, incardinati su regole condivise, sul senso di umanità, ma anche di sacrificio, sulla giustizia e la meritocrazia, che loro mostrano di apprezzare senza riserve, offrono anche una professione”.

 

Si può vivere e morire per la propria Bandiera?

“Proprio così! – afferma il Comandante. Sembrava aver terminato la risposta poi, con molto ardore, con uno sguardo interiore, intenso e forte, che scrutava un glorioso passato, mi indica la Bandiera – Guardi lo Stendardo che sta davanti a lei. Ebbene, su quello Stendardo sono appuntate ben otto medaglie, che rappresentano tutta la storia di questo Reggimento. Dietro quelle medaglie ci sono migliaia di soldati che sono morti per amore di questa Bandiera. Questo stendardo, quindi, rappresenta tutto l’onore di questo Reggimento e ciascuno di noi sente la necessità di servirlo fino in fondo, anche a costo della propria vita”.

 

Si può fare il soldato senza sentire questo legame?

“Bisogna proprio sentire questo legame, altrimenti non si può fare il soldato. Quando si sta 365 giorni l’anno sempre impegnati, quando si accetta di lavorare notte e giorno, spesso in condizioni climatiche molto avverse, quando si è disposti a offrire la propria vita solo per amore di tre colori, o per salvare un’altra vita, ecco: dietro tutto questo si muove soltanto un ideale, a volte anche a discapito della famiglia”.

 

Noi civili, cosa possiamo fare per onorare questo Stendardo?

“Basterebbe semplicemente esternare, dimostrare con semplici gesti la gratitudine nei confronti di un Reparto militare che sin dal 1848 si è battuto per compiere l’Unità d’Italia”.

 

Ci sono città che hanno dato la cittadinanza onoraria a Le Voloire?

“Sì. In primis Milano, poi Verona, Biella, Venaria Reale, Goito, Piedicavallo”.

 

Le Voloire sono anche gemellate con altri Corpi Militari?

“E’ gemellata con il 4° Stormo Caccia dell’Aeronautica Militare, con i battelli della Classe Sparviero della Marina Militare e con il 1° Reparto Militare dell’Ordine di Malta”.

 

Quali sono i fregi che conserva questo Reggimento?

“Ancora oggi conserviamo il fregio con cannoni e sciabole incrociate e, caso unico nell’Esercito, indossiamo ancora il kepì di foggia ottocentesca con la tradizionale criniera nera”.

 

Un’ultima domanda: Dove vi portano le Missioni di Pace?

“In pratica, esse ci portano in tutto il Mondo: Libano, Afghanistan, Balcani e in tanti altri paesi. Ci rechiamo lì dove il Paese ci chiede per portare aiuto a popolazioni meno fortunate e per ristabilire l’ordine e la libertà”.

 

Ora, le domande che ci dobbiamo porre sono queste: Vogliamo mantenere la Pace conquistata in questi 150 anni dell’Unità d’Italia? Se la risposta è “sì”, bisogna proteggerla! E come si può tutelarla?

“Solo attraverso Forze Armate rese più potenti anche attraverso il sostegno di noi cittadini, atto a fortificare le motivazioni e lo spirito dei nostri soldati che operano e vegliano giorno per giorno, minuto per minuto, attimo dopo attimo affinché non ci accada un’invasione o qualcosa di brutto, cercando di rendere la nostra esistenza il più soddisfacente possibile. Personalmente ammiro il coraggio e il sacrificio di uomini appartenenti alle Forze Armate, uomini del calibro del Colonnello Valentino de Simone, un Soldato che fa della sua esistenza un modello di vita, pertanto, mi viene spontaneo gridare a gran voce VIVA L’ITALIA che è anche VIVA L’ESERCITO che mantiene in essere una PATRIA intrisa di valori.

 

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