Vittorio Feltri presenta: “Fascisti della parola. Tutte le parole che il politically correct ci ha tolto di bocca”
Giovedì 30 novembre, alle ore 18.30, presso la Libreria Rizzoli Galleria (Galleria Vittorio Emanuele II, 11/12 – Milano) Vittorio Feltri presenta “Fascisti della parola. Tutte le parole che il politically correct ci ha tolto di bocca” (Rizzoli). Con l’autore intervengono Alessandro Sallusti e Alberto Zangrillo. Conduce Melania Rizzoli. Letture di Gerardo Placido. Saluti Daniela Javarone.
«Fateci parlare come mangiamo. Fateci essere semplici, chiari, diretti, autentici. Noi vogliamo essere liberi e non si può essere liberi soffocando la parola con la scusa di un perbenismo dei costumi che puzza tanto di ideologia rimestata.»
L’imposizione della censura di alcuni termini non è pratica che riguarda il passato, anzi, è più attuale che mai. Più andiamo avanti e più regrediamo in questo ambito. Più diventiamo moralistici, smarrendo tuttavia morale ed etica, più ci concentriamo sull’uso di determinati vocaboli, facendone una malattia. Così si è data vita alla battaglia più stupida, vana, insulsa e folle della nostra storia: quella al dizionario.
Oggi non si può più dire “negro” al negro né si può più dire “zingaro”, “rom” o “nomade”. Non si può dire che uno è “cieco”, semmai è un “non vedente”. Non si può dire “sordo”, al massimo “audioleso”. Non si può dire “spazzino”, ma solo “operatore ecologico”. Non si può dire “bidella”, ma solamente “operatrice scolastica”. Non si può dare del terrone al terrone mentre è corretto dare del polentone a un polentone. E guai a dire “frocio” o “finocchio”, a meno che tu stesso non sia omosessuale, in tal caso diventa lecito. Per non parlare della repulsione diffusa nei confronti dei sostantivi maschili. Se aggiungi l’astina alla vocale “o”, se declini tutto al femminile, allora sei una bella persona, altrimenti vieni etichettato quale maschilista tossico e pure farabutto.
Il politicamente corretto applicato al linguaggio secondo Feltri è il male del secolo, ed è giunto il momento di dire basta, di tornare a parlare come mangiamo.
Vittorio Feltri è nato a Bergamo e vive a Milano, dove lavora da oltre mezzo secolo. Attualmente direttore editoriale de «Il Giornale», ha esordito a «L’Eco di Bergamo» come critico cinematografico. Poi ha fatto il cronista a «La Notte» di Nino Nutrizio e al «Corriere d’Informazione» di Gino Palumbo. È stato a lungo inviato speciale per il «Corriere della Sera». Ha diretto «L’Europeo», «L’Indipendente», «Il Giornale», «Il Borghese», il «Qn», («Il Resto del Carlino», «La Nazione» e «Il Giorno»). Ha fondato e diretto «Libero». Scrive sempre, ed è probabile lo faccia persino quando dorme.