“Comunicare senza parole”: al via negli ospedali milanesi la sperimentazione di un nuovo approccio per aiutare tutti i pazienti che non possono parlare
Non poter parlare è un’esperienza terribile che non solo provoca un frequente numero di fraintendimenti nel rapporto medico-paziente, ma costringe anche questi ultimi a un gravissimo disagio psicologico.
Far “parlare” anche chi non ha voce è quindi l’obiettivo del progetto “Comunicare in ospedale” presentato dall’assessore alla Salute Giampaolo Landi di Chiavenna e dal presidente del Centro Benedetta D’Intino Onlus, Cristina Mondadori, nel corso di un seminario che si è svolto a Palazzo Marino sulla Comunicazione Aumentativa Alternativa.
Si tratta di un approccio clinico innovativo, ideale per aiutare le persone con significative difficoltà comunicative nel contesto ospedaliero. Il metodo utilizzato, infatti, è multidisciplinare, e riunisce le competenze di logopedisti, neuropsichiatri, terapisti occupazionali ed educatori, tutti uniti per supportare i pazienti che si trovano nella condizione temporanea o permanente di non poter usare il linguaggio.
Un esempio sono i bambini, gli adulti disabili gravi o con patologie neuropsichiche invalidanti, i cittadini stranieri o i pazienti sottoposti a terapia intensiva, sedati, intubati o tracheotomizzati.
Le persone ricoverate in ospedale che non possono comunicare con medici e infermieri, infatti, sono costrette a subire, oltre alla sofferenza, un pesante disagio psicologico.
Il rischio di fraintendimenti può compromettere il buon esito delle cure e aumentare l’incidenza degli effetti collaterali dei farmaci. I pazienti dimostrano una maggiore sensibilità al dolore e la degenza si allunga.
La Comunicazione Aumentativa Alternativa si avvale quindi di strumenti visivi, sensoriali, illustrativi che ovviano alla mancanza di parole, sfruttando tutte le risorse cognitive e psicologiche non verbali.
In questo modo i pazienti si sentono accolti e ascoltati, a tutto vantaggio del processo di guarigione e della risposta alla terapia clinica.
La sperimentazione pilota, della durata di un anno, coinvolgerà le più importanti aziende ospedaliere di Milano.