Maxioperazione finanza, evasione per 200 milioni di euro tra Lamborghini, Ferrari e ville extralusso
Al termine di un’inchiesta iniziata nel mese di gennaio dell’anno 2009, coordinata dalla Procura della Repubblica di Monza, ieri il Gruppo della Guardia di Finanza di Monza ha eseguito 55 perquisizioni e 12 ordinanze di custodia cautelare (4 in carcere e 8 domiciliari) nei confronti dei componenti di un’associazione a delinquere, con base operativa a Milano, finalizzata all’emissione ed all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, operante nel settore del commercio dei rottami ferrosi e non ferrosi. Per l’operazione sono stati impiegati 150 finanzieri sull’intero territorio nazionale.
PROMOTORI “NULLATENENTI” – In particolare, i promotori dell’associazione, formalmente nullatenenti e non produttori di reddito ma dall’altissimo tenore di vita, avvalendosi di una serie di collaboratori prestanome e società cartiere, hanno emesso nel periodo 2005–2010 fatture false nei confronti di imprese dislocate su tutto il territorio nazionale per un ammontare complessivo di 200 milioni di euro.
FERRARI, LAMBORGHINI E ABITAZIONI EXTRALUSSO – Sono stati sottoposti a sequestro preventivo anche conti correnti, quote societarie, automobili di lusso (Lamborghini e Ferrari) ed immobili di pregio ubicati in Italia (tra cui Milano e Cusano Milanino) e all’estero (tra cui Cap San Martin e Formentera) per un valore complessivo di 23 milioni di euro.
LA DINAMICA DELLA FRODE – Il sistema di frode è stato realizzato attraverso le seguenti fasi:
- emissione delle fatture false da parte delle società cartiere;
- pagamento con bonifico bancario da parte delle imprese utilizzatrici delle false fatture;
- prelevamento in contanti di un importo corrispondente alla somma accreditata;
- restituzione alla società utilizzatrice, sotto forma di denaro contante, dell’importo originariamente bonificato, al netto della somma ritenuta dai promotori dell’organizzazione quale compenso per l’emissione della false fatture.
TUTTI I “TRUCCHI” PER OSATACOLARE LE INDAGINI – Gli accertamenti hanno evidenziato che gli indagati, al fine di ostacolare le attività d’indagine
hanno adoperato:
- per l’emissione di false fatture, quattro aziende le quali, esaurita la propria funzione, sono state cedute a società estere con sede in paradisi fiscali (Panama);
- nell’ambito delle proprie conversazioni telefoniche, un linguaggio criptico;
- ispezionavano frequentemente le proprie autovetture e gli uffici aziendali avvalendosi di strumenti in grado di rilevare l’eventuale presenza apparati di intercettazione.
IL PASSO FALSO – Nella costruzione dell’impianto probatorio, un tassello fondamentale è stato rappresentato dalla decisione dei promotori dell’organizzazione di non denunciare alle autorità competenti, per non destare sospetti, due rapine subite dai propri collaboratori all’uscita dagli istituti di credito in cui si erano recati per prelevare oltre 300 mila euro in contanti da destinare ad imprese utilizzatrici delle false fatture.
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Di Redazione