Scarcerazione filippini maxi rissa Palazzo Lombardia Milano: “Nella giustizia italiana qualcosa non funziona”
“Sono stato chiamato da mio fratello e, se non fossi intervenuto, non me lo sarei perdonato e non me lo avrebbero perdonato, ho colpito solo per difendere lui e i suoi amici”. Questa, grosso modo, la linea difensiva del 19enne filippino arrestato per avere accoltellato un suo connazionale di un anno più giovane nella maxi-rissa scoppiata lo scorso sabato sera a Milano, davanti a Palazzo Lombardia. Una vicenda che ha occupato per giorni le pagine delle cronache e che dopo l’ordinanza di scarcerazione emessa lunedì 21 novembre dal gip Manuela Accurso Tagano nei confronti del giovane incriminato e di altri 4 filippini, sta avendo il prevedibile strascico di polemiche.
BOTTE E COLTELLATE – La rissa, ricordiamolo, era scoppiata alle 22.30 di sabato 19 novembre, nel piazzale sottostante il grattacielo della Regione Lombardia. Solo pochi giorni dopo gli ormai noti fatti di piazzale Loreto. Protagonisti due gruppi di giovani filippini, il primo dei quali, come ogni sabato sera, si era riunito per ballare hip-hop. Quando i secondi, probabilmente sotto l’effetto dell’alcool, erano sopraggiunti nello spiazzo e avevano preso a schiamazzare e orinare ai lati delle aiuole, i “ballerini” avevano provato a riportare la calma. Ma inutilmente. Ne era esploso un violento parapiglia a suon di pugni e colpi di bottiglie rotte al termine del quale un 18enne era stato ferito alla schiena e al petto con un coltello da cucina (un 16enne, più tardi, avrebbe riportato tagli al collo). Dopo l’arrivo dei Carabinieri 5 filippini erano finiti in manette, per altri 5 minorenni era scattata la denuncia alla Procura.
LIBERI TUTTI – Lunedì, dopo tanto clamore e indignazione, i cinque arrestati, tutti tra i 18 e 21 anni e incensurati (a eccezione di uno di loro con un precedente di Polizia) hanno abbandonato il carcere di San Vittore. Per l’accoltellatore 19enne è stato disposto il solo obbligo di firma, reputando un’eventuale misura cautelare una pena non commisurata alla gravità del fatto.
BECCALOSSI: “NELLA GIUSTIZIA ITALIANA QUALCOSA NON FUNZIONA” – “O tutti i giornali e telegiornali nazionali hanno preso lucciole per lanterne, dando un risalto eccezionale alla notizia e proponendola come un fatto gravissimo e inaccettabile – il commento a caldo di Viviana Beccalossi, assessore regionale al Territorio e Città Metropolitana e responsabile cittadina di Fratelli d’Italia – oppure nel sistema della Giustizia italiana c’è qualcosa che non funziona”.
“SCONTRO CASUALE E NESSUNA INDOLE VIOLENTA” – Un’ordinanza di scarcerazione le cui motivazioni parlano di uno scontro nato “in modo inaspettato”, probabilmente casuale, e di “assoluta repentinità”. Non si sarebbe trattato neanche di “un’azione punitiva” premeditata con l’uso “massiccio di strumenti offensivi”. Solo uno dei partecipanti, infatti, avrebbe usato un coltello e le ferite riportate dai due giovani, tra l’altro, sarebbero di lieve entità. Nessuna “indole violenta e aggressiva” e nulla che faccia pensare a un reale “pericolo di recidiva”. Per il giudice nessun dubbio: la vicenda, semmai, “appare frutto di una situazione del tutto contingente”.
SARDONE: “MOTIVAZIONI CHE LASCIANO SENZA PAROLE” – Silvia Sardone (FI) si è detta letteralmente “senza parole” per le motivazioni dell’ordinanza. “Definire uno scontro tra più persone con un accoltellamento come uno `scontro´ sorto in modo inaspettato e di assoluta repentinità – ha fatto sapere – e non un’azione punitiva con l’uso massiccio di strumenti offensivi e che `le ferite riportate dai due colpiti non possono ritenersi, sulla base degli atti, gravi´ vuol dire cancellare l’aspetto educativo del valore della pena”.
– Senza contare che rimane ancora da capire che cosa ci facesse il 19enne con un coltello da cucina con tanto di lama da 20 centimetri. Una fortuna che non fosse di “indole violenta e aggressiva”.
S.P.