Ramadan a Milano, secondo la Polizia locale il 97% degli islamici pregherebbe privatamente a casa, non nei luoghi predisposti per il culto
Secondo la Polizia Locale sono circa 3.000, mediamente, i musulmani che si radunano per la preghiera del venerdì, mentre sono poche centinaia gli altri giorni della settimana.
Le strutture più frequentate sono:
- il Teatro Ciak di via Procaccini (900 persone);
- la palestra comunale di via Cambini (600);
- via Quaranta (500);
- il centro sportivo di via Iseo dato in uso dal Comune (500);
- via Padova (200).
“Tali numeri rappresentano complessivamente il 3% dei musulmani che vivono a Milano, stimati in circa 100mila persone”, dichiara il vicesindaco e assessore alla Sicurezza Riccardo De Corato. “Dunque il 97% degli islamici pregano a casa o non frequentano luoghi di culto”.
“Che una moschea a Milano sia un’assoluta necessità”, spiega De Corato, “è perlomeno smentito dai numeri. E ad avanzare la richiesta sono poi i frequentatori di viale Jenner, per i cui trascorsi appaiono interlocutori inaffidabili.
“Non va mai dimenticato, infatti, “aggiunge De Corato, “che quel luogo è stato un crocevia del fondamentalismo islamico e il più colluso e inquisito d’Italia. Basti dire che l’ex imam Abu Imad è stato condannato in ben 3 gradi di giudizio per associazione a delinquere aggravata alla finalità del terrorismo. Che l’attuale portavoce, Abdel Shaari, è soggetto non gradito a un grande Paese musulmano come l’Egitto, che lo ha respinto alla frontiera, come riportava un’agenzia del 20 novembre 2008.
“Inoltre,” ricorda De Corato, “proprio da quel luogo è passato anche Abu Omar, poi sequestrato dalla Cia, e vi era legato Mohamed ‘l’Egiziano’, un attentatore di Madrid.
“Addirittura,” conclude il vicesindaco, “l’ ‘innocuo’ barbiere della ‘moschea’ è finito a Guantanamo prima di essere trasferito in un carcere milanese con l’accusa di far parte di un gruppo che stava pianificando attentati al Duomo e alla metropolitana milanese”.
Di Redazione