MiArt 2010: Fiera Internazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
La Fiera, aperta al pubblico dal 26 al 29 marzo 2010, non vuole più essere solo “un negozio in cui l´Arte passa di mano” ma un evento culturale complesso, fatto di forum di discussione, progetti e sezioni autonome, pièce teatrali d´artista, produzioni editoriali di riviste di dibattito culturale.
Nonostante la volontà sempre più forte di “biennalizzare le fiere” , anche quest´anno MiArt resta legata ad una concezione classica dello spazio fieristico che prevede la suddivisione delle aree in stand.
Gli scenari apocalittici di Gabriele Basilico con la serie “Beirut”, ritraggono una decadenza sospesa nel tempo dove l’assenza umana è uno degli elementi predominanti; fanno il paio con i carrelli dei supermarket usurati sepolti nella sabbia di una spiaggia remota. Sembrano foto scattate in un futuro molto prossimo a testimonianza di ciò che resta della attività umana; la sospensione nel tempo e nello spazio è visibile negli oggetti bloccati tra le due dimensioni fisiche, l’aria e la terra.
La fotografia talvolta è utilizzata in maniera inconsueta: è il caso dell’opera di Silvio Wolf, una stampa fotografica al negativo, forse di un’ alba, un “orizzonte” nello spazio in cui ci si ritrova proiettati tramite l’utilizzo di una superficie specchiante. Lo sfondamento dello spazio è formidabile e spaesante.
Anche Michal Macku fa della fotografia un medium al servizio della scultura. Le sue immagini-oggetti sono infatti il risultato della sovrapposizione di diverse lastre di vetro, su ognuna delle quali è stampato talvolta lo stesso soggetto con dimensioni differenti, oppure parti che vanno a comporre l´immagine finale, creando una profondità nel vetro molto suggestiva.
La “Mole Antonelliana” di Amin Linke è uno di quei lavori in cui si perde l’orientamento spaziale. La spirale-vortice sembra non avere né inizio né fine, il tempo è reversibile.
Quando si utilizza il corpo umano nudo si produce un’immagine forte ma quando è una moltitudine di corpi nudi distesi a terra quasi ammassati, tra i quali si distinguono anche neonati e anziani, allora si passa ad altri immaginari tremendi come quelli dei campi di sterminio, oppure si approda ad una visione bucolica e un po’ primordiale, come un giardino dell’Eden moltiplicato. E’ il caso del famosissimo fotografo Spencer Tunik con la sua “New Platz”.
Una grandissima cura, originalità, ironia e stranezza nella scelta della composizione fotografica contraddistingue il lavoro di Sandy Skoglung. Nelle sue foto la presenza di oggetti e animali strani e soggetti grotteschi è esaltata tramite l’utilizzo dei colori, colori molto vivaci ma non POP. C´è, infatti, un vero e proprio intervento di manipolazione fotografica in postproduzione preceduto da una minuziosa preparazione del “set”. Particolare è anche l’angolazione dello scatto, che contribuisce a distorcere la dimensione spaziale dell’ambiente.
Passando alle istallazioni nel senso più vario del termine, è interessante il lavoro di Peter Welz, in cui il disegno interagisce fisicamente con il video e lo condiziona. L’uomo, che si muove nella “dimensione” del video, è come intrappolato dalle e nelle sue stesse azioni che lasciano una traccia, un’impronta sul disegno, l’altro spazio interlocutorio.
Molto divertente il video proiettato nell’acqua della “boccia del pesciolino rosso” di Katja Loher. Ancora una volta una dimensione altra, in questo caso “micro dimensione” portata alla luce, nella quale agiscono questi esseri che poi non sono altro che uomini “modificati”.
Franco Guerzoni: una crepa nel muro nella quale sono incastrate delle foglie, dei rami e delle pietre. E’ come se la Natura stesse premendo e irrompendo inesorabilmente ma con lentezza, nell’Artificiale.
La lotta perenne tra Naturale e Artificiale, tra Uomo e Natura. Quanto durerà questo fragile equilibrio? L´abbiamo già spezzato? Questo è forse un avvertimento?
Quella di Jan Fabre è l’istallazione più grande della fiera. Un’enorme superficie di tela sospesa o, per meglio dire, appesa come se fosse una tenda o un separé di colore bluastro. Avvicinandosi ci si accorge che la colorazione è il risultato della sovrapposizione di segni a penna con inchiostra blu: è il cielo, geniale! Di grande effetto, un altro di quei lavori dentro cui perdersi.
Peccato solo per l’allestimento. Il fatto che l’opera fosse così vicino allo stand ha fatto perdere forza al lavoro, facendolo sembrare un enorme separé.
“Terforation”, il tunnel a dimensione umana letteralmente “traforato” in fogli di cellulosa è il lavoro di Angela Glajcar. Nella semplicità a volte si trova la genialità; sembra banale ma è uno di quei lavori sul quale non spendere troppe parole a priori, ma da andare a “sperimentare”.
L´impiego della fibra ottica insieme all’acciaio inox, secondo una struttura rigorosamente geometrica ma libera nello spazio, contraddistinguono sempre in maniera inequivocabile il lavoro di Carlo Bernardini. “Codice Progressivo”, istallato in una “nicchia” meno illuminata per lasciare respiro alla fibra ottica, prende vita e diventa site specific, interagendo e modificando lo spazio circostante. Come per Jan Fabre questo tipo di lavoro rischia di essere un po’ depauperato nel contesto di una fiera.
Curiose le due SFERE di Paolo Canevari (rispettivamente 70 e 120 cm di diametro) ricoperte da pneumatici. Sarebbe stato bello averle viste rotolare per gli stand della Fiera!
MiArt 2010, 26 al 29 marzo 2010, Padiglione 3-4 Fieramilanocity
Ingresso Porta Teodorico, Viale Scarampo
Marta Fumagalli