Vietato l’ingresso in ospedale per i cani guida, e anche i padroni non vedenti rimangono fuori
Da una ricerca condotta nel mese di luglio dai volontari di AIDAA, Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente, è emerso che su 102 ospedali visitati, in ben 72 strutture i cani guida al seguito delle persone non vedenti non sono stati ammessi nei reparti di degenza. Tale imposizione era stata già denunciato nel 2009 da AIDAA, quando da un’indagine era risultato che su 102 ospedali, 86 avevano adottato la medesima prassi.
Da quanto riscontrato, emerge che il divieto di accesso agli animali, compresi i cani guida al seguito di persone non vedenti che si recano in visita ad amici o pazienti ricoverati, in molteplici casi è stato inserito nello stesso regolamento interno dell’ospedale.
AIDAA ha portato alla luce questa vergognosa limitazione per i non vedenti, ai quali diventa pertanto impossibile stare accanto ai propri cari nel momento della sofferenza, poiché per loro è infattibile separarsi dal proprio can guida lasciandolo fuori dal reparto.
“Ed è chiaro, – sottolineano i volontari dell’Associazione, – che tale situazione riguarda i semplici reparti di degenza, escludendo ovviamente le sale operatorie, i reparti di chirurgia o di degenza post-operatoria, le sale di rianimazione e tutti i reparti dove è necessaria la totale sterilizzazione degli ambienti”.
Nonostante ciò, i divieti sono più che mai estesi, ed è superfluo sottolineare che vengano applicati rispetto a cani guida perfettamente vaccinati e in regola con tutte le prescrizioni veterinarie.
“E’ assurdo che sia impedito a una persona non vedente di andare a trovare parenti ed amici, – dice il Presidente di Aidaa Lorenzo Croce, – costringendola ad abbandonare il proprio animale o, nella migliore delle ipotesi, a lasciarlo nella mani di qualche presente caritatevole che possa attendere il tempo necessario alla visita.
“Lancio un appello al sottosegretario Martini e al Governo, – aggiunge Croce, – ma anche ai singoli assessori regionali alla sanità, affinché modifichino questa situazione vergognosa: è una inutile e stupida mortificazione, dal momento che esistono strutture, sia in Italia che all’estero, dove gli animali domestici di proprietà dei degenti vengono considerati uno stimolo in più per motivare il paziente nel processo di guarigione”.
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