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Visita vicesindaco Milano festa Ramadan, analisi socio-religiosa del sociologo Paolo Masciocchi

Il vice sindaco di Milano, Maria Grazia Guida, insieme col responsabile per le relazioni ecumeniche della Diocesi di Milano attualmente in carica, Mons. Bottoni, ha presenziato ufficialmente alla festa di chiusura del Ramadan con i rappresentanti e i fedeli della moschea di Via Padova, suscitando reazioni eterogenee e lasciando aperti spazi interpretativi sul valore di tale iniziativa.

 

 

Il tema centrale proposto dalle istituzioni civiche così rappresentate era il “dialogo” con gli islamici. Di conseguenza, le questioni di maggiore interesse per i cittadini riguardano la concreta riuscita di tale gesto di apertura, gli obiettivi dell’Amministrazione circa i diritti delle minoranze, la funzione degli esponenti della Diocesi in rapporto alle altre fedi e alle istituzioni cittadine.

 

Per meglio analizzare quanto avvenuto sotto un profilo socio-religioso, sono state poste alcune domande a un esperto di diritti di cittadinanza, il Dott. Paolo Masciocchi, sociologo presso l’Università Bicocca e da diversi anni consigliere per la pastorale diocesana milanese.

 

Alcuni politici hanno commentato negativamente la presenza del vice sindaco alla festa di chiusura del Ramadan, sostenendo l’inopportunità delle modalità del gesto, pur di fronte alle numerose aspettative di chi rappresenta la comunità islamica di Viale Padova. Quali sono gli elementi di criticità di tale scelta?

 

“Una visita istituzionale nel corso di una festa di una minoranza religiosa non è in sé un fatto negativo. D’altra parte l’aspettativa dei musulmani di Milano verso la nuova Giunta era alta dopo le attenzioni espresse ancor prima dell’insediamento. I punti critici sono da ricercare altrove: ad esempio, pare poco ponderato l’atto di esordio pubblico verso la comunità islamica, dopo qualche informale approccio nei mesi scorsi con rappresentanze sparse, senza pensare alle specificità istituzionali non unitarie che la caratterizzano”.

 

Dunque è solo questione di organizzazione?

 

“No, direi caso mai di conoscenza dei presupposti rappresentativi delle comunità islamiche, che non solo sono dislocate pluralmente sul territorio, bensì non possiedono una gerarchia istituzionale certa, anche nella città. Occorre in tal senso fornire un’informazione più trasparente alla cittadinanza in merito alle iniziative, agli scopi e ai soggetti coinvolti dell’Amministrazione, così che diventino un punto di riferimento per la crescita del dialogo, l’integrazione e la valorizzazione delle differenze

 

È dunque un errore considerare passo dialogico verso una minoranza religiosa il fatto di partecipare ad un evento pubblico organizzato da una sua parte?

 

“Può essere una forzatura, che non compromette certo il dialogo, ma che crea fin da subito delle incomprensioni. D’altronde i diritti delle minoranze religiose non sono relativi esclusivamente al problema del patrocinio degli eventi o della disponibilità dei luoghi di culto – quest’ultimo è tema certamente molto sentito –, ma anzitutto al riconoscimento concreto della alterità istituzionale, mantenendo salde le logiche civiche”.

 

Parrebbe una contraddizione con le dichiarazioni rilasciate in occasione della festa. La Giunta pare non più interessata a fornire una grande Moschea agli islamici presenti a Milano, come promesso nella campagna elettorale, proprio per riconoscere le pluralità delle comunità nel territorio.

 

“Sono questioni da gestire con oculatezza: su argomenti come il ‘pluralismo’ delle comunità religiose, prima vengono le persone e le istituzioni, poi i luoghi di culto e gli eventi. In tal senso è auspicabile che in futuro il dialogo riparta da queste logiche priorità, senza promesse a priori. Altrimenti, ogni iniziativa si colora di forzature e passi indietro frettolosi che finiscono per scontentare molti, compresi i destinatari di queste attenzioni”.

 

La presenza di Mons. Bottoni, che ha recato con sé i saluti dell’Arcivescovo Card. Tettamanzi, è da considerarsi un buon messaggio di auspicio per la costruzione del dialogo interreligioso?


“Sono convinto della bontà delle intenzioni del sacerdote, e ancor più persuaso dell’impegno dell’Arcivescovo, che mai si è tirato indietro nel dialogo con tutta la città, ben oltre la cerchia stretta dei fedeli cattolici. Tuttavia l’analisi compiuta poc’anzi vale anche per il tema dei rapporti interreligiosi locali, che peraltro necessita di scrupoli ancora maggiori”.

 

Può essere più preciso?

 

“Anzitutto, è da chiarire il modo di relazionarsi della comunità cattolica rispetto a quella musulmana, che ha caratteristiche diverse da quello delle istituzioni civiche. Anche in questo caso l’attenzione al problema della rappresentanza istituzionale non ha un peso secondario per la costruzione di rapporti di lungo periodo che vadano oltre le occasioni contingenti. È importante che la comunità religiosa che conta il numero maggiore di cittadini sul territorio sia sprone edificante per quelle minoritarie, sempre evitando il rischio di paternalismi non proficui, e curando un senso di responsabilità reciproca. La linfa continua al dialogo viene portata attraverso iniziative strutturate e la scelta dei giusti contesti e contenuti di confronto”.

 

Non le pare allora forzata la presenza di un membro del clero diocesano a pochi giorni dall’insediamento del nuovo Arcivescovo, che su tale punto avrà la responsabilità di pensare a criteri e persone indicate per tali scopi?

 

“Ciò che viene seminato nel bene non si disperde, e fintanto che l’Arcivescovo e i sacerdoti a lui vicini si impegnano per la spiritualità, secondo il proprio compito, non si crea alcun disagio. La forza della Chiesa cattolica milanese, che attende a breve il suo nuovo Pastore, è quella di fornire senso di unità e certezza di disponibilità amorevole verso tutti. Una vocazione ultramillenaria che rimanda agli esordi del patrono S. Ambrogio. Questo elemento rende la Diocesi, ora come in futuro, protagonista indispensabile per la costruzione del dialogo interreligioso, tenendo la corretta distanza rispetto alle istituzioni politiche, che hanno altri compiti, naturalmente”.

 

Un suggerimento all’Amministrazione per i prossimi passi verso gli islamici milanesi?

 

“Quanto prima si individuino una o più figure competenti che costituiscano un punto di riferimento costante per queste (e naturalmente tutte le altre) comunità religiose, figure non immediatamente politiche. Occorre competenza, conoscenza dei percorsi dei presupposti religiosi e sociali che sono alla base dell’individuazione dei diritti. Tutto ciò sul piano operativo – più che dichiarativo – è inoltre necessario scrupolo verso la costruzione di un dialogo istituzionalmente valido. Ma non è sufficiente curare i diritti. Occorre anche favorire la cooperazione nel lavoro, nella famiglia e nelle iniziative socialmente utili tra cittadini appartenenti a diverse ispirazioni di fede: sarebbe interessante riscoprire un tessuto civico di impegno di tanti uomini di buona volontà verso le esigenze della città. È un modo propositivo di mettere in gioco le differenze e le risorse in modo costruttivo, e favorire un dialogo non fatto solo di parole. Questo è ‘segno di cambiamento’ più auspicabile, silenzioso, operoso e umanamente efficace”.


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Valentina Pirovano

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