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DinamicaMente, dagli anni sessanta ai giorni nostri

A cura di Leonardo Conti e Sara Bastianini. Opening sabato 27 maggio alle ore 18

Con il Coro di voci bianche Città di Merate che canteranno due brani dedicati a Biasi, con testi di Leonardo Conti e Damiano Rota e la musica di Damiano Rota.

Alla PoliArt Contemporary inaugura DinamicaMente, quarta mostra personale dedicata a Alberto Biasi nella galleria milanese, in un sodalizio di ormai vent’anni col maestro padovano. La mostra è incentrata su un percorso antologico, che si dipana da alcune Dinamiche degli anni Sessanta sino alle opere dell’ultima generazione dei Rilievi Ottico-dinamici dell’artista e gli Assemblaggi, nati alla fine degli anni Novanta.

Già agli esordi nel ciclo delle Trame (1959), attraverso la sovrapposizione sfasata di fogli colmi di buchi (dai graticci dei bachi da seta), Alberto Biasi pone la profondità come strategia compositiva per gli effetti di un’iniziale mutevolezza percettiva. È poi negli anni Sessanta, nell’ambito del Gruppo N, che elabora compiutamente la radicale distinzione tra forma cinetica e forma dinamica: la forma cinetica si muove, producendosi in un movimento reale (con un motore ad esempio); la forma dinamica è ferma, ma induce il movimento in chi guarda, proprio in virtù di un’energia che induce una mutevolezza percettiva.

Alberto Biasi dedicherà, seppure non esclusivamente, la maggior parte della propria ricerca alla forma dinamica, come appunto nei cicli delle Torsioni (o Dinamiche) e dei Rilievi Ottico-dinamici. Nella prima Dinamica in mostra, Occhio inquieto del 1962-66, è proprio la torsione di molteplici stringhe, inchiodate al centro e lungo il perimetro della forma geometrica scelta come sfondo, a creare l’effetto di dinamismo ottico, che induce l’osservatore a spostare il proprio punto di vista.

Negli stessi anni Settanta, in un periodo storico in cui la pittura è morta come linguaggio, Alberto Biasi crea i Politipi, nella necessità di approfondire e ampliare le possibilità linguistiche della propria ricerca, fatta di piani, stringhe in torsione, e chiodi: con una nuova libertà compositiva, l’artista diviene persino rappresentativo, simbolico e figurativo. Nel grande politipo Giano, tra giorno e notte del 1980 (esposto a Palazzo Ducale di Genova), una striscia mediana di luce/ombra raccoglie nello sguardo di chi passa l’attimo ambiguo che lega il giorno e la notte.

Nei Rilievi ottico-dinamici, poi, opere che dagli anni Sessanta il maestro ha continuato ad approfondire, approfondendo gli effetti prodotti dalla sovrapposizione di immagini complementari, Biasi riesce a realizzare un nuovo processo di rappresentazione, in cui riproduce persino fenomeni naturali come le gocce di pioggia, sino alla, quasi miracolosa realizzazione di forme geometriche in movimento come il quadrato ruota in mostra (del 2008).

Ma è tra il 1999 e il 2000, che Basi cambia tutto con gli Assemblaggi. Sono opere composte da due o più tele, trattenute da una striscia dinamica verticale. In un’opera come Trafitto da Cupido in un giorno di nebbia del 2002, la stessa ricerca “dinamica” diviene parte di un sistema più grande, in cui l’artista pone la molteplicità come estrema soluzione al problema irrisolto dello spazio, posto da Fontana più di mezzo secolo prima. Gli Assemblaggi, infatti, composti da due o più tele monocrome, tenute insieme da una fascia centrale, in cui Biasi produce la sua tipica perturbazione visivo-cinetica.

È da questa cerniera di perturbazione che si dipartono le linee e i colori, in grado di riconquistare pittoricamente le due tele adiacenti. Si tratta di una concezione artistica volta all’abbandono dei criteri d’identità singola, inaugurando un’arte fondata su un’identità plurale, relazionale, con stupefacenti connessioni alle problematiche del contemporaneo.

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