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Giorgio Napolitano eletto Presidente della Repubblica 2013, ora tocca al premier: Amato favorito

Alla sesta votazione, i 1.007 grandi elettori sono riusciti a definire il nuovo Presidente della Repubblica. Il dodicesimo capo di Stato italiano è, in realtà, uguale all’undicesimo: il Quirinale sarà nuovamente di Giorgio Napolitano. La decisione è stata sofferta e non ha certamente risparmiato “vittime” e “siluramenti” vari, soprattutto nel Partito Democratico, uscito pesantemente sconfitto sul fronte dell’immagine e dell’unità.

 

DECISIVA LA MATTINATA DI SABATO 20 APRILE – “Sono disponibile, non posso sottrarmi alla responsabilità”. Sono queste le parole con cui Giorgio Napolitano, 88 anni il prossimo 29 giugno, annuncia ufficialmente la volontà di dar seguito alle richieste di Lega, Pd, Pdl e Scelta Civica e, quindi, di ricandidarsi alla carica di Presidente della Repubblica.

– La sesta votazione, svoltasi nel pomeriggio di sabato 20 aprile, è servita solamente come conferma di quanto annunciato verso le 14.30 di ieri: sono stati 738 i voti presi da Giorgio Napolitano contro i 217 a favore di Stefano Rodotà.

 

LA SCONFITTA DEI POLITICI – Da una parte il MoVimento 5 Stelle e dall’altra Lega Nord, Pd, Pdl, Scelta Civica e Sel; da una parte le “presidenziarie” e dall’altra la volontà di convergere su un nome in grado di unire il resto dei 1.007 grandi elettori.

– La strada della convergenza, però, si è rivelata estremamente divergente: all’interno del Pd con Franco Marini e Prodi e verso Lega Nord, Pdl, Sel e Scelta Civica con il nome dell’ex premier ora rappresentante dell’ONU.

– Con un partito distrutto, il Pd, con l’impossibilità degli altri schieramenti di poter auto-votarsi il Presidente della Repubblica, con il timore di avvantaggiare troppo i grillini e con un Paese che, da due mesi, aspetta un governo, che soluzione inventarsi?

– Semplice: trincerarsi, ancora una volta, dietro l’incapacità di assumersi le proprie responsabilità politiche. Tradotto: convincere, anche in modo “coercitivo” vista la delicatissima situazione, Giorgio Napolitano ad un secondo mandato, accadimento, forse non a caso, mai avvenuto nella storia della Repubblica Italiana.

– L’accettazione ad un Napolitano-bis dell’ex militante del PCI rappresenta la vittoria della politica intesa nel suo senso più ampio e nobile, ma l’assoluta e totale sconfitta degli attuali politici, ancora una volta trincerati dietro le loro incapacità ed arroccati ai loro “giochini” di partito.

 

ORA IL NODO GOVERNO – Giorgio Napolitano sarà chiamato, da subito, ad un difficile compito. Dovrà nominare il primo premier di questo suo secondo mandato ed il quarto sommando quelli incaricati nel precedente settennato.

– Dopo Romano Prodi (2006-2008), Silvio Berlusconi (2008-2011) e Monti (2011-ancora in carica), chi sarà il nuovo primo ministro italiano?

– Nonostante il comunicato del Colle affermi che “nei colloqui di questa mattina, non si è discusso di argomenti estranei al tema dell’elezione del Presidente della Repubblica” è piuttosto logico pensare che la ricandidatura di Giorgio Napolitano sia stata subordinata e vincolata alla nascita di un governo del Presidente, volto a realizzare il programma messo a punto dai saggi.

– Il toto-nomi indica Giuliano Amato il favorito per ricoprire la carica di premier italiano con Enrico e Gianni Letta, rispettivamente del Pd e Pdl, come vice presidenti.

 

LE BOCCIATURE: MARINI PRIMA … – Prima della convergenza su Giorgio Napolitano, cos’è è successo nell’aula di Montecitorio? Ripercorriamo la tre giorni.

– Franco Marini e Romano Prodi sono i due nomi illustri che sono stati esposti prima e ritirati poi dal Partito Democratico. Decisive, in questo senso, la prima e la quarta votazione.

– Nella tarda serata di mercoledì 17 aprile è uscita la notizia di un accordo trovato dai principali esponenti politici di Pd, Pdl e Scelta Civica: Pierluigi Bersani, Silvio Berlusconi e Mario Monti hanno deciso di convergere verso la candidatura di Franco Marini.

– La candidatura di Marini ha segnato la prima spaccatura nel Partito Democratico, con l’ala di Renzi che ha deciso di non seguire l’indicazione di Pierluigi Bersani; era stato il sindaco di Firenze, poche ore prima, a sintetizzare la scelta del segretario del Pd come “un dispetto verso il Paese”.

– L’ex sindacalista della Cisl, classe ’33, non è riuscito ad ottenere il quorum necessario (672 grandi elettori su 1.007) durante la prima votazione; decisivi, in questo senso, i rifiuti dell’ala renziana e di Sinistra Ecologia e Libertà, guidato da Nichi Vendola.

 

… E PRODI POI – I 521 voti per Marini non sono sufficienti ad eleggerlo alla prima votazione, ma qualora confermati basterebbero per promuoverlo Capo di Stato durante la quarta “tranche”, quando la maggioranza necessaria non è più quella relativa, ma quella assoluta.

– L’idea, confermata nelle prime ore del pomeriggio di giovedì 18 aprile, è quella di votare scheda bianca in modo da non “bruciare” la candidatura dell’ex sindacalstica; nella serata di giovedì, però, cambia tutto.

– La direzione del Pd indica, all’unanimità, Romano Prodi. L’ex premier, che ha guidato il Paese nel biennio 1996-98 e 2006-08, accetta l’incarico e diviene il sorvegliato speciale della quarta votazione, svoltasi nel pomeriggio di venerdì 19 aprile.

– Le scelte sono chiare. Pdl e Lega rimangono fuori dal Parlamento; Pd e Sel voteranno Prodi; Scelta Civica è per la Cancellieri; il MoVimento 5 Stelle conferma Rodotà. L’idea comune è che l’ambasciatore ONU per l’Africa, per 30-40 voti, non ce la farà alla quarta votazione.

– Il risultato, invece, è profondamente differente e, per certi versi, disastroso. 395 voti contro i 504 necessari ed i, circa, 450 ipotizzati inizialmente. Sostanzialmente oltre 100 franchi tiratori che hanno disatteso la voce del Pd e che hanno voltato le spalle a Bersani.

 

IL RISULTATO? UN PARTITO DISTRUTTO – La doppia bocciatura, di Marini prima e di Prodi poi, genera il caos totale. Il Partito Democratico, nella serata di venerdì 19 aprile 2013, vede il peggior momento da quando, il 14 ottobre 2007, è stato fondato.

– Alle 20.47 Rosy Bindi si dimette dalla carica di Presidente del Pd; poco dopo, alle 20.57, è Romano Prodi ad intervenire facendo sapere di ritirare la sua candidatura ed esplicitando con queste parole tutto il suo disappunto: “Chi mi ha portato a questa decisione deve farsi carico delle sue responsabilità”.

– Alle 22.11 arriva la notizia che Pierluigi Bersani, una volta terminate le elezioni del dodicesimo Presidente della Repubblica, si dimetterà da ruolo di segretario del Partito Democratico. Esplicitando la sua volontà ai grandi elettori, ha così commentato il risultato ottenuto su Prodi: “Fra di noi uno su quattro ha tradito”.

 

UN PENSIERO VA A … – Un pensiero va a tutti coloro che, nella seconda votazione svoltasi giovedì 18 aprile 2013 e nella quinta svoltasi sabato 20 aprile 2013, hanno deciso di ironizzare sul futuro dell’Italia e degli italiani ridicolizzando la loro moralità prima e la loro immagine poi, indicando per il Quirinale Valeria Marini, Rocco Siffredi, Raffaele Mascetti, Fiorello e Rosario Monteleone.

– Che abbiano pensato di essere tornati in prima media durante l’elezione del rappresentante di classe degli alunni?

– Saremo tacciati di essere moralisti o populisti? Convinti ed orgogliosi di esserlo in questa circostanza …

 

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Matteo Torti

Foto: wikipedia.it

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