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Pandillas latinoamericane a Milano. Origini, codici e mappa delle gang cittadine

PandillasQuasi otto ore di intervento chirurgico per ricucirgli il braccio. Ma alla fine i medici del Niguarda ce l’hanno fatta. Impossibile dimenticare quei terribili fotogrammi diffusi lo scorso giugno dai tg, in cui si vede il povero ferroviere, ripreso dalle telecamere di sicurezza del treno in transito a Villapizzone, prima accerchiato da alcuni giovani salvadoregni, poi colpito da uno di loro con un machete. Per non parlare dei dettagli emersi qualche giorno fa, in seguito alla maxi operazione condotta dalla Squadra Mobile della Polizia di Stato ai danni di un altro gruppo di salvadoregni, molti dei quali poco più che ventenni. Per loro, una  lista interminabile di accuse,  tra cui il tentato omicidio, la detenzione e il porto d’armi da sparo e da taglio e lo spaccio di sostanze stupefacenti. Fatti di cronaca che oltre all’efferatezza hanno un altro comune denominatore: l’appartenenza dei protagonisti a due delle più temibili gang latinoamericane in circolazione: Mara Salvatrucha e Barrio 18.

ALLE ORIGINI DELLE PANDILLAS – Quelli riportati sono solo gli ultimi di una lunga serie di episodi di sangue e violenza che hanno come attori principali i militanti delle “pandillas” (dallo spagnolo, “riunione di persone”), le bande di derivazione sudamericana che, da qualche anno a questa parte, imperversano dal centro alla periferia, mettendo a ferro e fuoco Milano.
– Da tempo diffuse nelle metropoli degli Stati Uniti, dove rivaleggiano tra loro nella gestione del potere criminale, le pandillas hanno preso piede anche in Italia. A partire dagli  anni 90. Epicentro del “contagio” la città di Genova,  in quegli anni al centro di un flusso migratorio proveniente dall’Ecuador, allora devastato da una pesantissima crisi politica, sociale ed economica. Donne con figli a carico, per lo più. E sono stati proprio questi ultimi, sradicati dal loro Paese di origine, spesso privi di una figura paterna di riferimento o con difficili situazioni familiari alle spalle, a sentire il bisogno di ritrovare radici e identità. Per farlo hanno scelto la via più pericolosa: organizzandosi in bande, sulla falsariga di quelle presenti Oltreoceano, adottandone codici, regole e mitologia.
– La loro diffusione nelle vicine città settentrionali, Milano su tutte (ma anche a Roma e Napoli) è stata rapida e virulenta. Il fenomeno, fortunatamente,  non è ancora esteso su larga scala come nel Regno Unito – a Londra si contano non meno di 170 gang giovanili – ma non va assolutamente sottovalutato.

PIÙ DI 15 GANG ALL’OMBRA DELLA MADONNINA – Il panorama delle gang, fenomeno complesso e variegato, è in continua evoluzione. Originariamente appannaggio di sudamericani e centroamericani, si è arricchito dell’arrivo di  immigrati slavi, asiatici e nordafricani. Sono i cosiddetti figli della generazione 1.5, i giovani nati all’estero, ma condotti nel Paese ospite prima dei 12 anni. Al loro fianco, anche molti italiani.
– A Milano si contano non meno di 15 bande, per un totale di circa 2.500 affiliati. Un piccolo esercito formato per lo più da giovani e giovanissimi, di età compresa tra i 15 e i 26-28 anni. Ma non sono rari neanche gli over 30, come emerso nei recenti casi portati alla luce. Rigidamente strutturate e gerarchizzate, queste organizzazioni gestiscono un proprio “territorio” di competenza, spesso difeso con ogni mezzo a disposizione dalle attenzioni delle bande rivali. Le finalità sono le più disparate: si va dal semplice bullismo adolescenziale fino ad arrivare alla gestione di veri e propri traffici illeciti di armi, spaccio di droga, rapine e racket.
– In base alle frammentarie notizie di cui si dispone, abbiamo provato a stilare un censimento delle pandillas presenti in città, con le relative provenienze etniche e le zone di influenza. Più complesso, invece, delineare un quadro attendibile delle rispettive alleanze. Basti qui sapere che la polizia ha recentemente parlato di due grossi blocchi che vedrebbero contrapposti da un lato Latin Kings Chicago, Luzbel e Neta, e dall’altro Trebol, Ms13 e  Latin Kings New York.

LATIN KINGS – Iniziamo  forse dalla più nota, i Latin Kings, storica banda di strada diffusasi nel capoluogo lombardo tra la fine degli anni 90 e i primi 2000. Nati originariamente a Chicago, nel 1940, a sostegno degli immigrati ispanici negli Stati Uniti, i Latin Kings rappresentano oggi una delle gang più vaste e note al mondo. A Milano, dove sono divisi tra “Latin Kings New York” e “Latin Kings Chicago”, si radunano nella centralissima piazza Duomo. Una corona a cinque punte il loro simbolo.
– A marzo dello scorso anno, durante un fermo della Polizia nei giardini di via Olona, sette giovani, appartenenti ai Latin Kings letteralmente armati fino ai denti (una Beretta calibro 7.65 con sette proiettili e numerose armi bianche) sono stati trovati in possesso di un opuscolo contenente codici e rituali d’affiliazione alla gang. Tra questi, un pestaggio di circa 4 minuti a cui sottoporre l’iniziato, per mano di alcuni componenti della banda, generalmente dai due ai quattro individui. E poi, quell’inquietante monito in calce alle undici regole cui attenersi: “Chiunque non rispetti anche un solo punto sarà punito”.
– Nella galassia “Latin Kings” orbitano vari gruppi minori come i Latin Flow, i Forever e i Luzbel, tutti di etnia prevalentemente ecuadoriana. Controllano le zone più periferiche della città tra Sesto San Giovanni, Monza e il parco Trotter.

MARA SALVATRUCHA (MS13) – Contende il centro città ai Latin Kings la   Mara Salvatrucha 13 (o MS13), banda di origine salvadoregna tra le più violente al mondo. I loro corrispettivi statunitensi  – tanto per rendere l’idea – in quanto a pericolosità sono considerati dall’Fbi secondi solo alla mafia. MS13 e MS18, la fazione separatista, fino a poco tempo fa controllavano la zona tra viale Certosa e piazzale Maciachini.
– A ottobre 2013, partendo da due casi relativi ad altrettanti tentati omicidi avvenuti a gennaio e febbraio 2011, la Polizia aveva arrestato 25 persone, tra cui 7 minorenni, appartenenti alla Ms13. Anche in quel caso una sfilza di capi di accusa a carico degli affiliati: associazione per delinquere, rapina, lesioni personali aggravate e detenzione e porto di armi da taglio e corpi contundenti.
– Il gip Andrea Salemme ne aveva approfittato per ricostruirne la ritualità dei gesti e il simbolismo dei numerosi tatuaggi con cui i “marero”, gli appartenenti alla MS13, ricoprono il proprio corpo. A cominciare dalla parte interna delle labbra.
– Sarebbe proprio lì, all’interno della bocca,  in quel lembo di pelle così delicato, che gli iniziati sono obbligati a tatuarsi una scritta che richiami all’appartenenza alla Mara Salvatrucha.  “Tatuaggio che tanto più cresce il rilievo del suo ruolo e tanto più diventa percepibile il tatuaggio, che, da interno, si esternalizza”, evidenzia Salemme.

TRINITARIOS – Un’altra importante pandilla che le forze dell’ordine danno in rapida ascesa è quella dei Trinitarios, ramo italiano della più potente e omonima organizzazione criminale fondata nelle carceri newyorchesi nel 1989.
– Controllerebbero la zona tra Villa San Giovanni, Crescenzago e Porto di Mare. Gli affiliati si salutano tra loro chiamandosi “Patria” ed esibendo tre dita della mano aperte, a indicare i capisaldi su cui è fonda il loro sodalizio: Dio, Patria e la Libertà. Le stesse parole che campeggiano, tra una foglia di palma e alcuni stendardi, sulla bandiera del loro Paese di origine, la Repubblica Dominicana. Anche nel loro curriculum figurano pestaggi, rapine a mano armata, traffico di droga e tutta una interminabile lista di reati minori.
– Poco più di un ano fa, la Polizia ha inferto alla gang un duro colpo, arrestando 13 persone. Tra queste anche due nomi eccellenti: quelli della prima e della seconda “suprema d’Italia”. Termini che tra i Trinitarios indicherebbero rispettivamente il  numero uno e due dell‘organizzazione.

BARRIO 18 – Portati alla ribalta dai recentissimi fatti di cronaca troviamo altri salvadoregni, questa volta appartenenti ai Barrio 18, nemici giurati dei loro connazionali MS13. Si tratta di un’altra formazione transnazionale e multietnica che affonda le proprie  origini in California, dove è nota con il nome di “18th Street gang” (letteralmente, la “banda della 18ª strada”).
– Anche in questo caso gli investigatori hanno parlato di una rigida gerarchia interna, con tanto di codice di obbedienza fatto rispettare con risoluta e puntuale violenza. Come nel caso di altre bande, anche l’affiliazione ai Barrio 18 prevede il pestaggio a sangue dei nuovi adepti, a cui parteciperebbero i membri della gang. In alternativa, al candidato di turno può anche essere affidata una missione: aggredire un rivale di un’altra banda, magari a colpi di coltello o machete. E una volta arruolati, abbandonare il gruppo è impensabile. Spedizioni punitive con coltelli, machete e pistole, tatuaggi per riconoscersi, graffiti per marcare il territorio, una cassa comune alimentata dallo spaccio di droga e reati contro il patrimonio, fanno il resto.

GLI ALTRI GRUPPI – La mappa delle gang milanesi, per finire, si arricchisce ulteriormente di tutta una serie di formazioni meno note, ma altrettanto pericolose: i portoricani Neta, insediatisi tra Largo Marinai d’Italia e la zona attorno a corso XXII Marzo; i Blood, distribuiti tra Parco Lambro e San Siro; e i Trebol – contraddistinti dal simbolo del trifoglio -, che avrebbero il loro quartier generale tra Corsico e Rozzano. A seguire i Los Brothers, i Latin DangerzRevolution 031.

CODICI E RITUALI  – Alcuni dei riti iniziatici a cui si è fatto riferimento sono stati filmati dalle forze dell’ordine nel corso di alcune importanti operazioni. Si tratta di prove spesso pesantissime sul piano fisico, finalizzate a mettere a dura prova non solo la soglia di sopportazione del dolore in caso di attacco nemico, ma anche le reali motivazioni del candidato. O candidata. Perché ci sono anche le donne nelle bande latinoamericane. In alternativa al pestaggio può essere loro richiesto di concedersi sessualmente al capobanda. Nel peggiore dei casi, se questo non bastasse, a tutto il gruppo.
– Rigidamente strutturate e gerarchizzate, le pandillas hanno il proprio “Rey”, il Re. E come per ogni Re che si rispetti, vi è anche una “Queen”, la regina, la compagna di colui a cui tutti sono sottomessi. Il Rey stabilisce gli obiettivi, ordina i pestaggi, le ritorsioni. Chi sgarra, paga. Ma è anche misericordioso e riconoscente: aiuta chi ha bisogno, sostiene i meritevoli.

LOOK – Il look, in puro stile “ecuayorka“, è mutuato dalle icone della musica hip-hop: bandane di diversi colori a seconda del gruppo di appartenenza, vestiti oversize, grosse catene d’oro, gioielli e vari ciondoli raffiguranti croci. A completare il tutto, numerosi tatuaggi su ogni parte del corpo, raffiguranti i simboli e i feticci cari alla gang: una lacrima all’angolo dell’occhio a indicare un omicidio commesso; il nome della banda sul ventre o dietro la schiena.
– Ma anche il nome di un compagno morto inciso sulle nocche della mano. A ricordare, forse,  che appartenere a una gang non è affatto un gioco.

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S.P.

Foto:Javier Ramirez, Trabajo propio

 

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