Outlet a Milano, una formula in costante crescita
Tanto in crescita da aver interessato anche gli studi dell’Università di Roma La Sapienza, il fenomeno degli outlet ha assunto negli ultimi anni la dimensione di un’entità concreta, la cui diffusione rappresenta un dato evidente circa le nuove abitudini dei consumatori italiani.
Facciamo innanzitutto un po’ di chiarezza terminologica. Letteralmente, outlet significa “sbocco, uscita”, e indica il concetto di “gettare fuori”. Da qui, la nascita di un punto vendita dove trovare merce firmata corrispondente a più brand (marche) differenti, presentate ad un prezzo d’acquisto inferiore a quello normalmente offerto.
L’evoluzione dell’outlet, ha portato al “factory outlet”, riconducibile ai nostri spacci aziendali (factory), ovvero a punti vendita al dettaglio in prossimità della fabbrica, di proprietà dalle imprese produttrici e da esse direttamente gestiti. Il prezzo ribassato è consentito dall’offerta di collezioni passate o articoli di seconda scelta.
Più outlet concentrati in un’unica area costituiscono un “Factory Outlet Center”, cioè una vera e propria cittadella dello shopping (e tanti sono gli esempi appena fuori Milano).
I prodotti in vendita non riguardano una specifica categoria merceologica, ma vertono in generale sulle eccedenze aziendali, sovrapproduzioni o articoli leggermente difettati; prevale l’abbigliamento ma si trovano anche mobili, oggetti per la casa, per l’ufficio o il tempo libero, scontati normalmente dal 30 al 70% rispetto al prezzo pieno, in quanto non sono più novità, ulteriormente ribassati durante il periodo dei saldi.
La formula vincente degli outlet consiste quindi nella capacità di fornire vantaggi sia per l’azienda produttrice (che riesce così a gestire l’invenduto recuperando liquidità e riducendo i costi di distribuzione, in quando l’intermediario viene saltato e l’offerta è volta direttamente al cliente finale), sia per i consumatori (che riescono ad integrare a perfezione in trinomio qualità/prezzo/risparmio).
Altre forme di vendita low-cost, anch’esse estremamente diffuse ma da non confondere con gli outlet, sono applicate dagli “stocchisti” e dalle stock house. I primi indicano imprese commerciali dove, in un unico locale, si vendono a prezzi ribassati dal 20 al 40% merci plurimarca, acquistate in ingenti quantità da imprese in fallimento, sovrapproduzioni ed eccedenze di magazzino, generalmente della stagione precedente. Si parla di stock house quando gli stocchisti operano con più produttori.