“Cure di masturbazione per rimanere sano, ovvero il re del plagio”

Mercoledì 19 febbraio al Teatro Out Off debutta in prima nazionale, Cure di masturbazione per rimanere sano, ovvero il re del plagio di Jan Fabre, monologo con la regia, l’adattamento drammaturgico e l’interpretazione di Roberto Trifirò, produzione Teatro Out Off.
Prosegue così la quarantennale relazione tra l’opera e la poetica del regista fiammingo e il teatro diretto da Mino Bertoldo; iniziato nel 1985 e mai interrotto, questo legame si è ulteriormente rinforzato nel 2023, con l’ospitalità in prima nazionale al Teatro Out Off di Peak Mytikas. (On the top of Mount Olympus) e, nel 2024, con il Festival Fabre, oltre che con numerose produzioni del Teatro Out Off su testi di Fabre.
E proprio uno dei suoi monologhi “manifesto” sull’arte e sulla sua idea di posizione dell’artista nel mondo porta in scena Roberto Trifirò dal 19 febbraio al 9 marzo: con il testo Il re del plagio Fabre propone una profonda riflessione sul tema dell’autenticità, reiterando il credo artistico della sua opera. Il re del plagio è l’artista-ciarlatano, che difende l’imitazione come strumento di bellezza e di fragilità per creare arte e, allo stesso tempo, per plasmare la propria identità artistica. Un testo di metateatro, in cui Fabre smaschera l’artificio scenico e rigetta radicalmente il concetto di originalità come assioma artistico.
Come un imperatore, l’attore-re si rivolge frontalmente al pubblico, con lo scopo di sedurlo: in modo ingenuo e spontaneo gli chiede di rispettarlo, stimarlo e accettarlo; si mette alla prova, ricerca, ripete. Il re del plagio è un angelo che vuole diventare uomo, che vuole rinunciare alla sua immortalità ed essere ascoltato da un tribunale composto da “scimmie chiacchierine” – perché è così che vede gli umani- per giustificarsi, difendersi ed essere ammesso nell’olimpo dell’umanità. Per riuscirci, ha dovuto prima di tutto imparare a “parlare con le parole degli altri”, a plagiare appunto.
Il testo, riadattato e interpretato da Roberto Trifirò, ha più livelli di lettura: la caduta dell’angelo, la genesi dell’uomo, la riflessione sull’imitazione in generale e, più concretamente, sull’imitazione nell’arte, e infine, l’elogio dell’intertestualità. Il tema della copia e della falsificazione non sono nuovi nell’opera di Fabre: ne Il re del plagio, che forma un dittico con L’imperatore della perdita del 1994, la genesi dell’uomo è chiaramente associata alla sua capacità d’imitazione. Il testo riflette anche sul dualismo tra l’arte in quanto creazione ex nihilo (romanticismo e modernismo) e l’arte in quanto cultura mimetica (rinascimento e post-modernismo).
«L’uomo è per definizione “cultura”, e non “natura originale”. Il desiderio dell’angelo di diventare umano deriva dal fatto che gli uomini possono prendere dei rischi, subire fallimenti, perdere la partita, ma anche desiderare e gioire, al contrario dell’angelo che è al di sopra di tutto.
L’angelo vuole diventare umano per poter comprendere gli uomini: un’aspirazione il cui tema è stato interpretato in modo mirabile nel film Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders. L’angelo che vuole diventare uomo, nell’opera di Fabre, è l’angelo che abiura il pensiero dell’originalità e che difende il caos socioculturale della letteratura e dell’arte come genio dell’imperfetto, l’arte umana per eccellenza.
Si pensi alla celebre asserzione del filosofo e scrittore Paul Valéry: “Ce qui est fini, n’a pas été fait.” (Cahiers, 1894-1914). Il re del plagio combatte contro l’ossessione dell’originalità, della purezza e del fondamentalismo creativo. L’intertestualità e il plagio sono qualità umaniste: lo scambio di conoscenze, di testi, di frasi, di parole, dal primo disegno rupestre fino alla copia, sono l’impronta attuale. Il desiderio profondo dell’angelo di diventare uomo non implica in alcun caso un’immagine idealizzata di quest’ultimo.
Si tratta, al contrario, dell’amore che suscita l’uomo nel suo difficile esercizio d’equilibrio tra l’angelo e il diavolo che sono in lui. «È tempo di diventare umani e di comprendere che siamo dei mostri.» Mostri nel senso di Frankenstein: l’uomo che si crea, che si clona. Il re del plagio prende anche in prestito, nel suo processo di umanizzazione, delle parti dal pensiero di Albert Einstein, Gertrude Stein, Ludwig Wittgenstein e dalle quattro “Stein” alle quali John Brockman ha dedicato un libro negli anni ‘80.» Roberto Trifirò.