Un mattina al bar, e poco importa se questo benedetto bar sia diventato elettronico inteso come social network, si parla di voto e di non voto.
“Io quelli non li voto più”; “Piuttosto che votare quelli, non voto”; “Non esiste un voto migliore, sono tutti uguali”; “Ma cos’è, una campagna politica o una rissa?”. Queste sono le frasi tipo del primo partito italiano: gli astensionisti.
Qui non voglio dire a chi non vota (lo capisco: esprime la sua amarezza), di andare a votare, però poi non lamentatevi.
Non voglio sentire più un lamento, un sussurro, un bisbiglio qualsiasi, da chi non andrà a votare.
Non voglio sentire più che quello è peggio o meglio, che “io avrei fatto così”, “quello ancora si ripresenta dopo tutti i danni che ha fatto?”, ecco questo non lo accetterò più.
Toglierò il saluto, per quel poco che vale, a chiunque, non andando a votare, lascerà ad altri la responsabilità.
Il voto, oltre ad essere un diritto e dovere, è una responsabilità.
Una responsabilità per i nostri figli ed anche per i nostri genitori: loro che tale esercizio l’hanno compiuto in buona fede creando in realtà questo pantano che dura ormai da 40 anni.
Nella Milano dell’EXPO, delle nuove e vecchie tangenti, dei collusi, dei mafiosi, degli appaltatori, dei controllori che controllano i loro interessi, in questa Milano che più europea non può essere dobbiamo dimostrare di valere qualcosa. Un voto!
Noi tutti dobbiamo sentire il peso di questa responsabilità: dobbiamo votare.
Poco importa chi sarà il beneficiario della nostra incondizionata fiducia, lui sarà il nostro portavoce.
Se vogliamo avere una voce votiamo, altrimenti tutti zitti!
Quindi domenica 25 maggio, come per le prossime elezioni, andiamo a votare, lì nel segreto del nostro pensiero possiamo dire la nostra (non dimentichiamo che si vota con le preferenze, cosa ormai RARA in Italia)
Io voto ergo parlo, tutti gli altri sono pregati di tacere.
C.A.
