Stadi in Italia, analisi rispetto agli stadi tedeschi, inglesi e spagnoli
Fatiscenti, vetusti ed invivibili; quante volte abbiamo sentito associare questi aggettivi agli stadi italiani? Quante volte vedendo amichevoli estive (come l’Audi Cup a Monaco), partite di Europa o Champions League, match tra nazionali straniere ci siamo stupiti dell’ordine, dell’organizzazione e della bellezza degli impianti sportivi fuori dai nostri confini?
PARTIAMO DAI I DATI – “Ormai siamo diventati gli outsider. Sono rassegnato”: sono queste le parole rilasciate alla Gazzetta dello Sport da parte del dirigente più titolato d’Italia, Adriano Galliani.
- Ormai i ricchi sono diventati altri: Inghilterra, Spagna e Germania ci sono davanti di un bel po’. Portogallo e Francia rischiano di raggiungerci presto, soprattutto i nostri cugini d’oltralpe visto che potranno beneficiare dei fondi per l’organizzazione di Euro2016.
- A supportare questa analisi sono i dati forniti dal Report Calcio 2011 che, per quanto riguarda la stagione 2009/10, nella classifica dei Ricavi dagli Stadi mostra il primato del Real Madrid con 129,1 milioni di euro, seguito dal Manchester United con 122,4. Le due milanesi si posizionano all’ottavo e nono posto con ricavi minuscoli rispetto le altre big d’Europa: neroazzurri a 38,6 milioni di euro e rossoneri fermi a 31,3.
- E la forbice si acuisce sempre di più se andiamo a confrontare i ricavi da sponsor e merchandising. Qui in testa troviamo addirittura il Bayern Monaco con 172,9 milioni di euro, seguito dal Real di Florentino Perez a 150,8. Il Milan, primo delle italiane e settimo, ottiene 56,7 milioni di euro, mentre l’Inter, decima, si ferma a 34,5 milioni di euro.
- Andando a sommare queste due fonti di ricavo vediamo che il Real Madrid ottiene 280 milioni di euro tra stadio, merchandising e sponsor, mentre Milan ed Inter, rispettivamente, si fermano a quota 88 e 73,1 milioni di euro.
IL NON-MODELLO ITALIANO – Uno degli elementi principali che non consente alle società italiane di ritornare a competere in Europa con le big inglesi, spagnole e tedesche è sicuramente la questione stadi.
- Nonostante i numerosi dibattiti intrapresi su questo problema, nulla è ancora stato fatto per risolvere questa desolante situazione. Situazione in cui a comandare sono, probabilmente, gli ultras che non vogliono in alcun modo sentire elogi verso il modello inglese consci del fatto che, qualora anche in Italia si intraprendesse questa strada, inizierebbe il periodo delle “vacche magre” per loro.
- Ma andiamo con calma: se paragoniamo l’Inghilterra all’Italia dobbiamo innanzitutto evidenziare il numero di squadre iscritte nelle prime quattro divisioni: 132 in Italia e solo 92 oltremanica.
- Un numero minore di club consente una gestione più snella ed agile dell’intero sistema che, unitamente ad un’elevatissima percentuale di stadi di proprietà, consente alle società della Football League 1 (la nostra Prima Divisione) di poter giocare di fronte a spalti gremiti, nonostante i biglietti sotto il regno di Sua Maestà siano più cari e la crisi non sia molto più morbida che da noi.
- Ed a metterci in guardia circa i problemi dei nostri impianti sportivi è lo stesso Platini: “In Italia gli stadi non sono in buone condizioni, l’immagine non è tanto bella perché gli stadi sono vuoti ed è veramente un disastro. La legge per la ristrutturazione e la costruzione di nuovi impianti è molto importante. Il calcio italiano senza stadi sarò molto arretrato rispetto agli altri paesi europei”.
GERMANIA: LA VERA RIVOLUZIONE E’ QUI – Nonostante il modello più decantato sia quello inglese, anche nella vicina Germania le cose sembrano funzionare piuttosto bene.
- Biglietti di ingresso meno cari d’Europa e stadi ordinati, puliti e vivibili: sono questi gli ingredienti che consentono di avere impianti sportivi colmi, ai limiti della capienza, anche nelle categorie inferiori.
- Basti pensare che nella Bundesliga 2, l’equivalente della nostra Serie B, durante il match in cui si festeggiava la vittoria del campionato, e la conseguente promozione nella massima serie, dell’Hertha Berlino si sono dati appuntamento ben 77.100 tifosi.
- Un po’ come se nell’ultima partita casalinga del Siena o dell’Atalanta all’Artemio Franchi o all’Atleti Azzurri d’Italia si riunissero oltre 77mila persone; un’utopia nella nostra Serie Bwin, dove mediamente assistono ad un match 4874 spettatori.
- E non è finita qui: durante la scorsa stagione in Bundesliga è stato registrato il nuovo primato di spettatori: 13.057.899 in 360 incontri; oltre 42,5 mila persone a match.
- Dati fortemente differenti da quelli che emergono in Italia: la voce minore di entrate dei club italiani è rappresentata proprio dai ricavi derivanti dallo stadio. E non potrebbe essere altrimenti visto che in Italia l’affluenza rispetto ai posti disponibili è pari al 54% (ad ogni giornata gli spettatori sono 239 mila contro i 440mila di capienza totale); risultato scarso se confrontato con il 76,9% della Spagna, il 93,3% dell’Inghilterra ed il 95,7% della Germania.
- Esattamente l’inverso di quanto avviene normalmente nei nostri confini; ma allora quali sono le caratteristiche del non modello italiano? Piegarsi molto, forse troppo, e spesso alle ingerenze dei tifosi più accaniti, nascondersi dietro a provvedimenti come il divieto delle trasferte piuttosto che le partite a porte chiuse.
- Azioni che cercano di limitare gli episodi violenti di qualche decina di non tifosi e che non fanno altro che allontanare la parte sana del tifo, quella che fortunatamente costituisce la percentuale maggiore del pubblico che assiste dal vivo alle partite.
STADI: LA SITUAZIONE IN ITALIA – Di proprietà pubblica ed utilizzati dietro concessioni d’uso: sono queste le peculiarità che caratterizzano il non modello italiano degli stadi.
- Nel nostro Paese gli impianti sportivi sono di proprietà dei comuni e la loro gestione viene affidata alle squadre dietro concessioni d’uso pluriennali rinnovabili.
- Ciò che fa più specie è che in Italia, mediamente, uno stadio viene utilizzato per 70 ore l’anno: vincoli urbanistici ne limitano l‘utilizzo extra sportivo (concerti, altre manifestazioni sportive e non).
- Fanno poi rabbrividire i canoni che le società di calcio debbono versare nelle casse comunali per l’utilizzo di questi impianti: Inter e Milan devono staccare un assegno annuo pari a 7,5 milioni di euro.
- Tutti questi punti non fanno altro che aumentare il divario tra Italia e resto d’Europa avanzato: gli stadi italiani, oltre a non essere fonte di reddito per le nostre società, sono addirittura un costo che va ad inficiare sul risultato operativo prodotto e, di riflesso, sul budget che può e potrà essere destinato al calciomercato.
- In Italia lo stadio è attualmente un mero costo: spese di gestione e canoni di locazione su tutti. Se prendiamo come esempio Inghilterra e Germania, lì gli impianti sportivi sono un valore aggiunto, un cespite da cui ricavare fondi rilevanti che andranno ad aumentare il fatturato e, di conseguenza, i fondi destinabili alle campagne acquisti.
LA LEGGE SUGLI STADI: UNA CHIMERA – La cosa che lascia ancora più perplessi è che nel nostro Paese, in realtà, è già stato formulato un disegno di legge in materia.
- La proposta si dovrebbe focalizzare su un piano triennale di interventi volti a favorire l’impiantistica sportiva e l’attività di costruzione di nuovi impianti sportivi multifunzionali, piuttosto che la ristrutturazione di quelli esistenti.
- Nell’ottobre del 2009 il provvedimento è stato approvato, nella sua prima stesura, dal Senato della Repubblica; è poi arrivato alla Commissione Culturale della Camera e lì si è arenato.
- Diverse società, su tutte la Fiorentina, hanno tentato di costruire un proprio impianto andando però a cozzare con la realtà: senza una specifica legislazione in materia è praticamente impossibile realizzare uno stadio di proprietà. I Della Valle, patron dei Viola di Firenze, hanno dovuto abbandonare l’idea della “Cittadella Viola” dopo diversi ostacoli promossi dall’amministrazione comunale.
- Diretta e senza mezzi termini l’analisi di Adriano Galliani, ad del Milan, sulle pagine della Gazzetta dello Sport: “Senza stadi non si può fare niente e senza una nuova legge non si possono costruire stadi in Italia. Lo hanno capito anche i politici, ma il disegno di legge è rimasto bloccato fra i due rami del Parlamento”.
- L’importanza di tale normativa è stata sottolineata anche da Maurizio Beretta, Presidente della Lega Serie A: “Questa è una legge fondamentale perché il calcio italiano non venga penalizzato rispetto al resto dell’Europa. Stiamo parlando di una legge per impianti moderni, ma occorre garantire le condizioni perché la legge consenta di arrivare davvero alla costruzione degli stadi, creando le premesse perché i progetti si possano concretamente realizzare”.
- Dubbi sulla questione sono stati sollevati dal Presidente della Lega Pro, Macalli: “La legge sugli stadi è una legge che vogliono far credere faccia bene a tutto il calcio italiano, ma non è così. Non siamo contrari a una legge sugli stadi, ma siamo favorevoli a una legge sugli stadi che riguardi tutti, perché noi siamo esclusi da questa legge”.
L’ANALISI DI PAOLILLO – Già negli articoli nei quali vi abbiamo spiegato del Fair Play Finanziario, abbiamo riportato dichiarazioni di Ernesto Paolillo, manager neroazzurro, in questa circostanza può essere utile riproporre una sua analisi circa la questione stadi:
- Considerata come “Un handicap, ma è colpa nostra. Paghiamo l’incapacità nell’affrontare la questione e la mancata programmazione. Non siamo in grado di fare sistema. L’industria del pallone è troppo divisa”.
- “Da un lato – continua Paolillo – siamo costretti a pagare gli affitti degli impianti, facendo aumentare la voce di spesa dei club; dall’altro, non possiamo far vivere lo stadio per l’intera settimana e rinunciamo ad importanti potenziali ricavi. Basta pensare, per esempio, alla costruzione di palestre o ristoranti. Per non parlare, poi, dell’impossibilità di inserirsi stabilmente nel giro dei grandi concerti di musica”.
STADI DI PROPRIETA’: SI’, MA NON BASTANO – Certamente la realizzazione di stadi di proprietà andrebbe a migliorare il bilancio delle squadre italiane, visto anche che i costi sostenuti per la realizzazione di un impianto di proprietà saranno esclusi dalla normativa del Fair Play Finanziario, tuttavia l’impianto di proprietà non potrà essere la panacea di tutti i mali.
- L’obiettivo, apparentemente raggiunto dalla Juventus a cui dedicheremo una puntata specifica, è quello di indirizzare la gestione del match-day sportivo non solo ad uno sfruttamento televisivo ma anche ad una fruizione a 360° del prodotto sport.
- Grazie al ticketing derivante da uno stadio più bello e vivibile, al merchandising ufficiale ed alla serie di servizi annessi all’impianto sportivo, le società di calcio italiane potrebbero migliorare la propria condizione economica, iniziando ad allinearsi alle altre big europee.
LA PROSSIMA PUNTATA – Parlando di stadi di proprietà, per quanto riguarda il nostro Paese, è inevitabile trattare ciò che è riuscita a fare la Juventus. Ne parleremo approfonditamente nel prossimo articolo.
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Matteo Torti