Crisi Milan gennaio 2015, colpa di società, allenatore o giocatori? Il confronto con il 2014 e Allegri
Fanno più rumore la vittoria contro il Napoli e il pareggio contro la Roma o la sconfitta contro il Sassuolo e il pareggio contro il Torino? Dipende. Se sei una grande squadra sorprende di più il secondo scenario; se sei una piccola, indubbiamente il primo. Ma il Milan, in questo momento, dove si colloca? Tra le grandi squadre o le piccole? La risposta la lasciamo a voi, ma i passi indietro sono evidenti e preoccupanti.
UN ANNO (INUTILE) – Il Milan di Inzaghi, alla diciottesima giornata, ha 4 punti in più del Milan di Allegri di dodici mesi fa. Tanti se si considera che in panchina, quest’anno, siede un non-allenatore; pochi se si pensa che dodici mesi fa si chiedeva a gran voce la testa di Allegri paventando il rischio di finire in Serie B.
– A cosa sono serviti questi dodici mesi di tempo? A iniziare e a far naufragare due progetti. Seedorf prima e Inzaghi poi. Il primo arrivato come pupillo del Presidente che per troppo tempo, 3 anni e mezzo, aveva dovuto sopportare quell’altro, Allegri.
– Il secondo arrivato per volontà congiunta di proprietà e Ad per dare una svolta in termini di grinta e cattiveria agonistica visto la rilassatezza mostrata dai rossoneri durante i cinque mesi di gestione Seedorf.
– Due progetti, Seedorf e Inzaghi, naufragati. Chi prima, l’olandese, e chi dopo, l’italiano. Destini diversi per i due. Clarence è stato allontanato dopo pochi mesi, mentre Super Pippo non è stato mai messo in discussione grazie al credito infinito che gode nei confronti di tifosi e società.
– Inzaghi è l’uomo simbolo per tenacia, grinta e professionalità, degli ultimi grandi successi rossoneri. E’ l’uomo simbolo del Milan vincente e vittorioso in Europa. E’ l’uomo simbolo per il suo passato da calciatore.
DA CALCIATORE, APPUNTO … – Inzaghi è l’uomo simbolo. Da calciatore, appunto. Non da allenatore. Potrà anche diventare uno dei migliori tecnici al Mondo, ma in un contesto come quello attuale paga la non-esperienza a certi livelli.
– E per certi livelli non intendiamo certo le finali di Champions League; intendiamo il vivere una stagione dignitosa nella nostra Serie A. Una stagione da terminare in Europa, come la rosa della squadra che allena impone.
– E invece? Nulla di tutto questo. Essendo Inzaghi un non-allenatore, gli si chiedeva solamente di trasmettere grinta, personalità, tenacia e cattiveria agonistica ai giocatori. Vederli in campo lottare su ogni pallone. Nulla di tutto questo.
GRANDE CON LE GRANDI, GIOCANDO DA PICCOLA… – Caratteristiche, quelle elencate poco sopra, che i rossoneri hanno mostrato di avere e di mettere in campo in alcune partite.
– Stiamo parlando delle sfide contro la Lazio, vinta 3 a 1, contro il Napoli, vinta 2 a 0 e contro la Roma, pareggiata 0 a 0. Sfide che hanno illuso sul potenziale rossonero. Sfide che hanno visto il Milan essere grande con le grandi.
– Certo: grande con le grandi, ma giocando da piccola. Giocando con la stessa grinta che il Sassuolo e il Torino hanno mostrato di avere contro il Milan. Grinta che serve alle piccole, appunto, per superare il gap tecnico e tattico con la grande.
– Ma questo atteggiamento non deve ingannare o illudere. Anche Sassuolo e Torino non giocano tutte le domeniche con la cattiveria e la personalità mostrata contro il Milan; altrimenti si troverebbero nella parte alta della classifica.
UN CONFRONTO IMPIETOSO – Potrà anche sembrare un ragionamento banale, ma così non è. E i numeri lo dimostrano: contro Juventus, Roma, Napoli, Lazio, Sampdoria e Genoa i rossoneri hanno totalizzato 8 punti in 6 partite.
– I punti sono mancati contro le cosiddette piccole: 2 a 2 contro l’Empoli, 1 a 1 contro il Cesena, 1 a 1 contro il Cagliari, sconfitta 2 a 0 contro il Palermo, sconfitta 2 a 1 contro il Sassuolo e 1 a 1 contro il Torino. 4 punti, frutto di altrettanti pareggi, in 6 partite contro le piccole. Troppo poco.
COLPA DI…? – Società, allenatore e giocatori. Di chi è la colpa? Inutile fare le percentuali. Manca la società e la tipica serenità che storicamente è stata in grado di dare, manca qualità nella rosa e manca un allenatore.
– Ma in un contesto in cui società e giocatori latitano, è evidente che avere la presunzione di affidarsi a un non-allenatore è un qualcosa di fatale…
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Matteo Torti