Fiducia Italicum Renzi, si spacca il Pd, grida e insulti alla Camera. Gli scenari possibili e la caduta del governo
Quello che fino a poche ore fa sembrava poter essere solamente uno scenario, nemmeno più di tanto plausibile, è diventato la dura e cruda realtà nella giornata di ieri quando Renzi ha annunciato la fiducia sull’Italicum alla Camera. Grida e insulti quando la Boschi ha annunciato la decisione del Governo, con la minoranza del Pd definitivamente spaccata e capeggiata da Bersani che non demorde: “Non la votiamo”. Settimana prossima il voto definitivo.
“QUESTO E’ IL MOMENTO DI DIRE SI’ O NO” – “Non c’è cosa più democratica della fiducia, perché con la fiducia la legislatura va avanti, senza, il governo va a casa. Era assolutamente necessario mettere la fiducia”. Sono queste le parole con cui Matteo Renzi, nella serata di ieri, ha motivato la decisione del suo esecutivo di porre la fiducia sull’Italicum, arrivato ieri alla Camera.
– Un’opinione diametralmente opposta rispetto a quanto asseriva Matteo Renzi il 15 gennaio del 2014 quando, tramite il consueto Tweet, cinguettava: “Legge elettorale. Le regole si scrivono tutti insieme, se possibile. Farle a colpi di maggioranza è uno stile che abbiamo sempre contestato”.
– 14 mesi in cui sono successe tante cose, 14 mesi che hanno portato il premier Renzi a capire che “questo è il momento del coraggio, non di chi resta aggrappato alla poltrona”. Tutti in discussione, quindi, anche se lo strumento lascia non poche perplessità.
IL VOTO DI FIDUCIA: DI CHE COSA SI TRATTA? – Un atto fondamentale della propria azione politica che fa dipendere la permanenza in carica del Governo dalla sua approvazione.
– La questione di fiducia, come abbiamo imparato a conoscere specialmente negli ultimi anni, è proprio questa.
– Ponendo la fiducia decadono tutti gli emendamenti presentati e la legge deve essere votata così come è stata presentata, ma qualora il Parlamento respinga la questione di fiducia posta dal Governo, quest’ultimo decade in quanto viene considerato come privo della fiducia di una delle due camere.
– L’obiettivo, lato Governo, è quello di annullare i “franchi tiratori”, ossia i membri di un partito che non seguono i modi d’azione utilizzati dal partito in cui militano, che si nascondono dietro il voto segreto.
IL PD SI SPACCA – Grida, insulti, lancio di crisantemi e molto altro. L’annuncio della fiducia da parte di Maria Elena Boschi ha scatenato la bagarre nell’aula di Montecitorio e ha provocato una crepa alquanto pesante nel Pd con la minoranza che si stacca e dichiara: “Non votiamo la fiducia”.
– Una minoranza capeggiata dal trio Bersani, Speranza e Letta. L’ex capogruppo, Roberto Speranza, aveva già bollato la fiducia come “un atto di violenza verso il Parlamento”, annunciando oggi di considerare “un errore gravissimo porre la fiducia sulla legge elettorale senza ostruzionismo e dopo un voto rassicurante sulle pregiudiziali. Ne ho votate tantissime in questi anni e ne continuerò a votare nei prossimi mesi. Ma questa volta no”.
– Parole che seguono la linea di Bersani che dichiara: “La penso come Roberto Speranza. Ho votato 17 volte la fiducia al governo, più di una al mese. Sono pronto a votare per altre 17 volte su atti di governo che riguardino il governo. Sulla democrazia un governo non mette la fiducia. Questa fiducia io non la voterò”.
– Anche Enrico Letta non si tira indietro e spiega: “Dopo lo strappo voluto dal governo non voterò la fiducia all’Italicum. Le regole non si impongono e non si cambiano da soli”.
– Più morbido, invece, Gianni Cuperlo, che critica la fiducia, vista come “una scelta grave, indecifrabile, uno strappo”, ma che alla domanda concreta del come voterà risponde con un laconico: “Lo valuteremo”.
– Lasciando perdere gli insulti e le critiche piovute su Renzi dal resto dell’emiciclo, rimanendo in casa Pd anche Bindi, Fassina, Civati e D’Attorre non voteranno la fiducia e parte l’invito a chi si riconosce nella loro corrente. Un invito a “non chinare il capo”.
I NUMERI DELLA FIDUCIA – Dichiarazioni a parte, ciò che interessa maggiormente gli italiani sono indubbiamente i numeri. Sulla carta la maggioranza vanta alla Camera 396 voti, ma nella giornata di ieri si sono registrate 37 assenze, di cui 15 imputabili alla maggioranza tra Pd, Area Popolare, Scelta Civica e gruppo misto. Un totale di 381, quindi.
– Nelle pregiudiziali di oggi la maggioranza ha vantato 385 i voti, con 175 voti di scarto rispetto ai 209 favorevoli alle pregiudiziali. Un margine ampio che non dovrebbe mettere in dubbio la permanenza del Governo.
IL CALENDARIO – Sulla giornata di ieri si è espresso, non senza critiche, anche l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “La storia di questa legge elettorale è una cosa talmente ingarbugliata…”.
– Non resta che chiudere cercando di fare chiarezza sui prossimi appuntamenti: oggi dalle 15.25 alle 17 è prevista la votazione della fiducia sull’articolo 1 dell’Italicum, mentre giovedì dalle 10.40 alle 12.15 quello sull’articolo 2 e dalle 16 alle 17.30 dello stesso giorno quello relativo all’articolo 4.
– Il voto finale dovrebbe arrivare, realisticamente, la prossima settimana.
COMUNQUE VADA SARA’ UN IN-SUCCESSO – Napolitano ha parlato di vicenda ingarbugliata, ma in realtà il percorso dell’Italicum sembra rispettare perfettamente l’immagine dell’Italia di questi ultimi anni. Quando si tratta di riforme, l’accordo ragionevole manca sempre.
– E così si cade nel solito circolo vizioso di decisioni inevitabilmente da prendere in Parlamento, ma proprio per questo di difficile realizzazione per la cronica fatica a mettere d’accordo le minoranze del centrosinistra con il centrodestra. Una situazione che Renzi sperava di poter risolvere, ma così non è stato.
– Quella di porre la fiducia sull’Italicum è sembrata a molti una forzatura, una prova di forza che va contro la democraticità. Una prova di forza, appunto, che dalla parte di Renzi si è rivelata necessaria per superare l’impasse della mediazione che, sempre secondo il premier, avrebbe portato a una legge elettorale votata solo da una componente del suo partito.
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Matteo Torti