Referendum Grecia uscita dall’euro, analisi, ipotesi e futuri scenari
Ormai mancano davvero poche ore all’inizio del referendum in Grecia. Un evento di cui in questi ultimi giorni abbiamo sentito spesso parlare, ma in pochi hanno spiegato la reale entità dello stesso e le possibili conseguenze qualora dovesse vincere il fronte del sì piuttosto che quello del no. Cerchiamo di fare chiarezza sugli scenari a cui potremmo trovarci di fronte da lunedì 6 luglio.
LA PAROLA AL POPOLO – Il testo al quale gli elettori greci dovranno rispondere è molto delicato; viene chiesto al popolo greco se si vuole accettare o meno una bozza di accordo tra la Commissione Europea, la Bce e l’Fmi che consiste in Riforme per il completamento dell’attuale programma e Analisi preliminare della sostenibilità del debito.
– Una formulazione del quesito che è stata da subito criticata perché non sembra sufficientemente chiara vista la delicatezza del momento: fa infatti riferimento a documenti complicati e non ancora definitivi e, inoltre, il No (non approvo) è stato messo prima del Sì (approvo).
I DUE SCENARI – Due scenari molto diversi, per molti ancora poco chiari e poco definiti. Scenari troppo grandi, complessi, per certi versi fuori dalla vita quotidiana della popolazione. Ma cerchiamo lo stesso di fare chiarezza, delineando i punti principali che potrebbero generarsi a seconda del fronte vincente.
– Fronte del Sì. Tsipras ha già confermato che, nonostante la sua idea di voto sia opposta, comunque rispetterà la volontà dell’elettorato. Che possa essere lui o un suo successore in un Governo d’unità nazionale, in caso di vincita del Sì la Grecia deciderà di accettare le proposte formalizzate dai creditori che consistono in nuovi tagli alle pensioni, una nuova riforma fiscale che riduca le agevolazioni per le isole e tagli all’enorme spesa militare ellenica.
– Fronte del No. Qui le conseguenze appaiono più difficile da delineare per noi e da gestire per i greci. Inizialmente si pensava a una chiusura totale dei negoziati, poi Tsipras ha comunque smorzato i toni sostenendo che il Paese tornerebbe al tavolo, ma con un potere contrattuale più forte per chiedere un taglio del debito, il premier chiede del 30%, e un periodo di grazia di 20 anni.
GLI ULTIMI SONDAGGI – E’ davvero un testa a testa. Se inizialmente il fronte del sì partiva avvantaggiato e si posizionava al 57%, ora le posizioni si sono nettamente riequilibrate.
– L’ultimo sondaggio pubblicato dal quotidiano Ethnos identifica il Sì al 44,8% e il No al 43,4%. Le due parti sono molto vicine e, come sempre accade, potrebbe essere quell’ampia fetta di indecisi a far pendere per l’una o per l’altra soluzione.
– Un sondaggio più ampio, però, definisce come il 74% dei greci voglia rimanere nell’Eurozona contro il 15% che vorrebbe tornare a una propria moneta e un 11% che non sa o non risponde.
UN REFERENDUM (POCO) DECISIVO – Siamo davvero alle battute finali; dopo il serrato botta e risposta dei giorni scorsi tra capi di stato europei, esponenti economici e istituzioni monetarie europee o internazionali, è arrivato il momento del popolo greco.
– Alexis Tsipras, d’accordo con il suo braccio destro nonché ministro delle Finanze ellenico Varoufakis, ha annunciato la scorsa settimana l’idea di far votare il popolo; un atto di libertà, nel pieno rispetto della democrazia, sulla scelta del futuro: niente allarmismi, quindi, ma un esito che potrebbe condizionare il risultato.
– Dopo un inizio molto deciso, anche il premier ellenico Tsipras ha smorzato i toni affermando che, a prescindere dall’esito del referendum, la Grecia non uscirà comunque dall’euro.
– Ma allora quale sarebbe la funzione del referendum? Secondo il leader di Syriza, quanto più forte sarà il fronte del no, tanto migliore sarà l’accordo con i creditori visto che, lo stesso premier greco, ha chiarito che da lunedì il Paese tornerà al tavolo del negoziato a prescindere dall’esito della consultazione popolare.
UNA DECISIONE DI POLITICA INTERNA – Dalle parole di Tsipras si potrebbe anche affermare che l’esito del referendum potrebbe avere ripercussioni maggiori a livello di politica interna che di negoziazione con i creditori.
– Appare scontato, in caso di vittoria del sì, che l’attuale premier decida di rimettere l’incarico avendo improntato la sua ascesa al potere proprio su tematiche e pensieri opposti. Niente rigore e niente austerity era il suo grido in campagna elettorale, proprio l’antitesi del fronte del sì.
– Ma nella giornata di ieri il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Dijsselbloem, ha fatto una precisazione tanto giusta quanto inevitabile: se i greci voteranno no, sarà “incredibilmente difficile mettere in piedi un nuovo salvataggio”. Un avvertimento nemmeno poi tanto velato sulle possibili conseguenze del voto?
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Matteo Torti